Non ti abbandonerò

La prima storia della serie "Forever"

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  1. Burupya
     
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    Capitolo 1 - Una piccola luce?

    Era un giorno come molti altri, Akira passeggiava per le strade di Mosca come era solito fare, le mani in tasca e lo sguardo un po’ perso. Non c’era niente che attirasse la sua attenzione in quella città e da lì a un po’ di tempo la sua vita era diventata noiosa e monotona; un senso di vuoto cresceva dentro di lui giorno dopo giorno e sembrava volerlo inghiottire come un buco nero. Stesse strade, stessi negozi, volti sempre uguali. Persino le persone lo disgustavano, nemmeno il contatto umano riusciva a sollevarlo da quell’abisso: ogni individuo che trovava nella sua strada era piatto, pieno di pregiudizi, incapace di provare sentimenti veri e di pensare col proprio cervello, attratto dalla moda e da tutto ciò che la società imponeva, troppo preso dal proprio ego per pensare agli altri. Niente avrebbe mai cambiato il giudizio che aveva sulle persone, niente avrebbe fatto risplendere nei suoi occhi quel sentimento di meraviglia... Almeno fino a quel momento. Il momento in cui lo sguardo di Akira si posò su un ragazzo che spiccava tra la folla per la sua diversità: capelli bicolore, di un nero corvino con dei ciuffi argentei sul davanti, divisi in ciocche ribelli che sembravano voler sfidare la forza di gravità. Ma la cosa che l’aveva attirato più di tutte, più dei suoi bizzarri capelli, del suo fisico scultoreo... Erano i suoi occhi. Due splendidi rubini incastonati su quel viso diafano, che brillavano di una luce che le altre persone non avevano: una luce che sembrava venire dal suo animo, come se dentro avesse un fuoco ardente che faceva scintillare quelle gemme. Akira non aveva idea di chi fosse quel ragazzo ma una cosa era certa: voleva assolutamente conoscerlo. Si sarebbe rivelato come tutti gli altri? Akira non aveva la risposta a questa domanda, ma era fortemente convinto che quel ragazzo fosse diverso e voleva conoscere la verità ad ogni costo, sapere se quello strano tipo capitato per caso sotto al suo sguardo l’avrebbe fatto ricredere e chissà, magari l’avrebbe aiutato ad uscire da quel baratro senza fine.
    Ma come avrebbe potuto fare per conoscerlo? Di certo non poteva andare da lui e dirgli “Voglio conoscerti”, l’avrebbe scambiato sicuramente per un pazzo. Mentre Akira pensava a come attirare l’attenzione del bicolore, lo seguiva stando tra la folla dietro di lui. Pedinarlo divenne più difficile quando il ragazzo imboccò una stradina deserta, Akira restò dietro l’angolo osservandolo. Quando girò a destra in fondo alla stradina Akira uscì dal suo nascondiglio per seguirlo: quando si affacciò sulla strada a destra non vide nessuno.
    “Dove diamine è finito?” si chiese Akira tra sé e sé. Pochi secondi dopo sentì qualcosa di freddo e tagliente contro la sua gola e una mano ferma bloccargli un polso.
    “Perché diavolo mi stai seguendo?”
    La voce che Akira sentì era calda, nonostante il tono minaccioso e chiaramente irritato. Akira girò appena lo sguardo incrociando quelle iridi rosse che poco prima avevano attirato la sua attenzione: ora però erano tutt’altro che amichevoli. Perché lo stava seguendo? Nemmeno Akira conosceva la risposta a quella domanda.
    “Il gatto ti ha mangiato la lingua?”
    “I-io...”
    Akira si rese conto che la sua voce tremava. Non era paura, no... Era qualcosa di diverso. Avere quel ragazzo così vicino lo mandava in subbuglio, gli scombussolava la mente impedendogli di pensare.
    “... Voglio conoscerti”
    L’aveva detto. Aveva detto l’unica cosa che non avrebbe dovuto dire in quel momento e si era giocato l’unica occasione di conoscerlo. Il ragazzo restò in silenzio per qualche minuto, tempo che ad Akira sembrò interminabile.
    “Divertente.”
    Disse il bicolore lasciando Akira e riponendo il coltello, poi fece per andarsene.
    “Aspetta!”
    Disse Akira bloccandolo per un polso. Il ragazzo girò appena la testa restando impassibile.
    “Posso sapere il tuo nome?”
    “Perché dovrei dirlo ad uno sconosciuto?”
    “...”
    Perché avrebbe dovuto dirglielo? Domanda più che lecita. Akira non sapeva rispondere nemmeno a questa e restò in silenzio.
    “Hisaki” disse il ragazzo liberandosi dalla sua presa e riprendendo a camminare. Akira restò a bocca aperta. Gli aveva davvero detto il suo nome?
    “Io sono Akira!” disse seguendolo.
    “Non mi interessa chi tu sia” Hisaki parlava senza degnarlo di uno sguardo.
    “Scusa...!” bofonchiò Akira rattristandosi.
    “Smettila di seguirmi” disse Hisaki freddo. Akira lo guardò per un istante.
    “Voglio sapere una cosa...”
    Hisaki non fece in tempo a chiedergli di cosa stesse parlando che una ragazza si avvicinò a loro correndo.
    “Akira dove diavolo hai il tuo cellulare?! La tua casa è in fiamme!!”
    Akira si sentì morire. Non tanto per la casa... Ma per quello che c’era dentro. Per CHI c’era dentro. Senza dire una parola Akira corse via, le sue gambe si muovevano così velocemente che anche lui si sarebbe stupito, se solo avesse avuto la mente abbastanza lucida per pensarci. Hisaki lo guardò correre via. Cosa voleva sapere da lui quello strano ragazzo? Hisaki voleva saperlo e prese a seguirlo, cavolo era davvero veloce, faticava a stargli dietro.
    Quando Akira arrivò davanti alla propria casa era tardi: le fiamme l’avevano divorata rendendola irriconoscibile, i pompieri stavano spegnendo ciò che rimaneva del fuoco.
    “Yumi...” sussurrò Akira a fior di labbra con gli occhi sgranati. Un pompiere si avvicinò a lui.
    “Mi dispiace...”
    Il pompiere non aveva finito la frase ma Akira capì. Non voleva crederci, no, non poteva essere. L’unica rimasta della sua famiglia, la sorellina più piccola non c’era più. Akira sentì un vuoto enorme dentro di sé. Hisaki lo vide cadere in ginocchio, poi sentì un urlo. Un urlo straziante che gli rimbombò dentro. Non conosceva quel ragazzo, a dire la verità lo considerava piuttosto strano e troppo invadente per i suoi gusti. Ma vederlo lì, in ginocchio con le mani tra i capelli e il viso stravolto dal dolore, sentire quella voce carica di dolore... In qualche modo lo faceva star male. Hisaki si avvicinò a lui.
    “Akira”
    Akira sentendo la voce di Hisaki alzò appena lo sguardo, Hisaki fissò quegli occhi verdi gonfi di lacrime che gli tolsero le parole di bocca per un istante.
    “Hai una casa dove andare, ora?”
    Akira fece cenno di no con la testa. Hisaki lo guardò in silenzio. L’istinto gli diceva di chiederglielo. Chiedergli di venire con sé. Ma perché? Accogliere uno sconosciuto in casa, che per di più l’aveva pedinato per chissà quale motivo. Forse perché quegli occhi intrisi di dolore gli ricordavano qualcosa. Gli ricordavano quel dolore che anche lui aveva passato.



    Ciao a tutti :) questa è il primo capitolo della prima delle tre storie che compongono la serie intitolata "Forever". So che come inizio è molto tragico e questo può scoraggiare, ho cominciato a scriverla in un periodo non molto bello per me, è nata come una specie di sfogo... anche se poi ha preso tutt'altra piega ^_^ spero vi piacerà!
     
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    Io questa storia la conosco e ci sono molto legata.
    Rileggerla sarà solo un piacere e poi grazie a questa ti ho conosciuta come autrice. :)
     
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  3. Burupya
     
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    Grazie, mi fa davvero piacere saperlo :lol:
    ci sono particolarmente legata anch'io, sia per il motivo per cui è nata, sia perché è stata la prima che ho pubblicato :)
     
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  4. Burupya
     
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    Capitolo 2 - Speranza

    “Vieni con me” disse Hisaki porgendogli la mano. Akira lo guardò esterrefatto. Gli stava offrendo aiuto? Perché avrebbe dovuto farlo? Quegli occhi color rubino... Sembravano sinceri. Akira afferrò la sua mano alzandosi. Hisaki si incamminò senza dire una parola seguito da Akira che camminava a pochi passi da lui.
    “Hisaki... Perché lo fai?”
    “Ci deve essere un perché?”
    “Le persone normali non fanno niente senza un motivo”
    Hisaki si fermò girandosi verso di lui.
    “Ti sembro una persona normale?”
    Akira ci pensò un attimo. In effetti non lo sembrava affatto, ed era proprio questo che l’aveva affascinato così tanto.
    “No, per nulla”
    “Hai la tua risposta quindi”
    Akira guardò Hisaki perplesso mentre suonava il campanello di un’enorme villa. Al citofono rispose una voce maschile.
    “Sì?”
    “Sono io” disse Hisaki attraverso il citofono. Akira restò senza parole. Era davvero quella la sua casa? Al di là del cancello c’era un lungo viale circondato da un giardino fiorito, al centro una fontana. Alla fine del viale un’imponente scalinata conduceva all’entrata di una villa enorme e sontuosa.
    “T-tu... Vivi qui?”
    “A quanto pare” rispose mentre l’enorme cancello si apriva, poi lo accompagnò dentro. Akira vide un maggiordomo inchinarsi al suo arrivo.
    “Bentornato signorino Aršavin”
    “Akito, questo è Akira... Da oggi vivrà da noi”
    “Lieto di fare la sua conoscenza, per qualunque cosa sono al suo servizio” disse Akito facendo un inchino ad Akira. Akira non sapeva cosa dire, di certo non era abituato a tutte quelle buone maniere.
    “E-ehm piacere mio” rispose facendo un inchino a sua volta.
    “Non serve che ti inchini a lui, è solo un maggiordomo” disse Hisaki freddamente “Io vado a farmi una doccia. Akito mostragli la sua stanza”
    “Come desidera”
    Akito accompagnò Akira nella stanza per gli ospiti, poi con un inchino se ne andò. Akira aprì la porta della stanza: era il triplo della sua vecchia camera da letto... Se questa era “solo” la stanza degli ospiti, cos’aveva Hisaki come stanza, un campo da calcio?! Akira vide che nella camera c’erano due porte e, incuriosito, le aprì: in una c’era il bagno, a quanto pare il suo bagno personale, nell’altra c’era una cabina armadio.
    “Questo qui è proprio ricco sfondato” pensò Akira esterrefatto mentre si sedeva sul letto. Da lì guardò verso lo specchio: i suoi capelli biondi splendevano alla luce del sole che filtrava dalla finestra, i suoi occhi verdi però erano un po’ spenti... Quella giornata era stata piena di sorprese: incontrare qualcuno come Hisaki era un evento che aspettava da anni, ma ciò che era successo dopo... Non riusciva ancora a rendersi conto di aver perso la sorella, colei che aveva dato senso a tutti i suoi giorni dopo la morte dei genitori. Akira sprofondò il viso tra le mani, avrebbe voluto piangere ancora, sfogare tutto il dolore che aveva dentro, ma non ci riusciva e non capiva il perché. Di lì a poco Hisaki si diresse verso la camera di Akira: la porta era socchiusa e Hisaki vide il ragazzo seduto sul letto con le gambe raccolte, il viso nascosto fra le ginocchia. Avrebbe dovuto andar lì e consolarlo forse... Ma non era da lui, non avrebbe nemmeno saputo cosa dirgli. Hisaki chiuse per un attimo gli occhi e tornò nella propria camera affacciandosi alla finestra: il suo sguardo era rivolto verso l’orizzonte, ma i suoi pensieri erano altrove: non poteva fare a meno di pensare alla sofferenza che il ragazzo che aveva ospitato in casa stava passando, era un pensiero fisso che non riusciva a scacciare dalla mente. Hisaki batté una mano contro il muro.
    “E’ solo un estraneo!” continuava a ripetersi. Non poteva lasciarsi influenzare dall’umore di quel ragazzino. Non voleva farlo, in fondo... L’aveva giurato quel fatidico giorno: non si sarebbe più affezionato a nessuno.
    Passarono diversi giorni prima che Akira si riprendesse dalla morte della sorella Yumi, nel frattempo il convivere con Hisaki gli fece conoscere un po’ il suo coinquilino: era un tipo piuttosto strano, non parlava molto ed evitava la maggior parte delle domande che gli venivano poste, soprattutto se erano di carattere personale. Ma c’era una cosa che aveva stupito Akira: Hisaki faceva il mangaka, e i suoi lavori sembravano essere fatti da una persona completamente diversa. I personaggi che creava erano pieni di vita, solari e aperti verso gli altri, spesso erano legati tra loro da forti sentimenti d’amicizia o d’amore... Proprio quei sentimenti che Hisaki sembrava ignorare completamente.
    “Hey Hisaki... Posso farti una domanda?”
    “No” fu la risposta secca del ragazzo. Akira venne preso alla sprovvista da quella risposta e restò imbambolato per qualche secondo.
    “Ma non sai nemmeno cosa volevo chiederti!!” protestò Akira imbronciando il viso.
    “No, ma so che non ti sai fare gli affari tuoi”
    Hisaki aveva colto nel segno e Akira restò spiazzato. Aveva ragione: Akira era sempre stato curioso fin da piccolo, figuriamoci ora che aveva conosciuto una persona che credeva essere interessante...! Negli ultimi giorni l’aveva tempestato di domande, anche se -c’è da dirlo?- Hisaki aveva risposto a pochissime di queste. Akira sospirò rassegnato. Hisaki lo guardò con la coda dell’occhio e vedendolo così rabbuiato si sentì un po’ in colpa.
    “Fammi questa domanda avanti!” gli disse alzando gli occhi al cielo.
    “Sei davvero tu l’autore di quei manga?”
    “Che domanda idiota... Forse era meglio se stavi zitto” rispose Hisaki portando una mano al viso.
    “Non è una domanda idiota!! I personaggi delle tue storie sono così diversi da te...”
    Hisaki fissò Akira negli occhi senza dire una parola. Era la prima volta che qualcuno lo notava... Forse perché nessuno lo conosceva abbastanza da notarlo.
    “Non è che sotto a quella facciata da duro nascondi un carattere simpatico come quello dei tuoi personaggi?” continuò Akira illuminandosi.
    “... Vorresti dire che sono antipatico?!”
    “E-ehm... Non volevo dire questo!! Solo sei un po’... Asociale” disse Akira impacciato.
    Hisaki si limitò a mandargli un’occhiataccia per poi andare nel suo studio. Akira lo guardò uscire dalla stanza rimanendo lì fermo per qualche minuto... Fino a quando si rese conto che per l’ennesima volta Hisaki aveva evitato la domanda.
    “Hisaki!!!” urlò correndo nel suo studio e bussando alla porta. Hisaki aprì la porta: la sua espressione era impassibile come al solito.
    “Hai evitato la mia domanda” gli disse Akira fissandolo intensamente negli occhi con uno sguardo investigatore.
    “Devo lavorare” si limitò a rispondere Hisaki sbattendogli la porta in faccia. Akira restò di sasso, immobile davanti alla porta.
    “Ci rinuncio” pensò fra sé e sé tornando nella propria stanza.
    Hisaki aveva davanti a sé il foglio bianco, ma ogni volta che cercava di disegnare qualcosa la cancellava poco dopo.
    “Che diamine mi prende?” pensò appoggiando i gomiti alla scrivania e intrecciando le mani fra i capelli. Non riusciva a concentrarsi e sapeva bene il motivo. Il fatto che un ragazzo che lo conosceva da così poco avesse già capito così tanto di lui lo aveva colpito. Avrebbe voluto essere più cordiale con lui, ma non ce la faceva... Ormai era troppo abituato a chiudersi a riccio con tutti. Hisaki ripensò al primo incontro con Akira, in quel momento si ricordò di una cosa... E andò in camera di Akira.
    “Ora sono io a doverti chiedere una cosa”
    “Oh, anche mister gelo ogni tanto si interessa agli altri, non l’avrei mai detto” disse Akira ironico, ma Hisaki non abbozzò nemmeno un sorriso, anzi...
    “Come non detto” disse Akira sconvolto dalla freddezza di Hisaki.
    “Quando mi hai seguito la prima volta... Hai detto che volevi sapere una cosa da me. Cosa?”
    “Ah, era una cosa importante...”
    Hisaki pendeva dalle sue labbra.
    “... Ma non me lo ricordo” continuò Akira. Hisaki restò di sasso per qualche secondo.
    “Come sarebbe a dire che non te lo ricordi?! Hisaki era così alterato da prendere Akira per il collo della maglia e scuoterlo avanti e indietro mentre parlava.
    “Hey hey!!” protestò Akira, Hisaki lo lasciò. Ad Akira servì qualche minuto per riprendersi.
    “Scusa, non ho una gran memoria... Sarà perché non mangio pesce?”
    “Non è divertente Akira! Ti diverti a prendermi in giro?!”
    “No, non me lo ricordo sul serio... Hey, questa è la conversazione più lunga che abbiamo fatto!!”
    Hisaki era al limite: fulminò Akira con uno sguardo infuocato ed uscì dalla stanza sbattendo la porta.
    “Che permaloso” pensò Akira restando fermo sul letto a guardare la porta.

     
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  5. Burupya
     
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    Capitolo 3 - Luna Park

    Più tardi, era ora di cena: come al solito Akira ed Hisaki erano seduti uno di fronte all’altro a mangiare i piatti preparati da quest’ultimo.
    “Oltre ad essere un ottimo mangaka sei anche un cuoco fantastico!!” disse Akira tra un boccone e l’altro. Hisaki non lo degnò nemmeno di uno sguardo: Akira posò la forchetta.
    “Hisaki... Sei arrabbiato con me?”
    Hisaki non rispose: alzò appena lo sguardo dal piatto quel tanto che bastava per incenerire Akira col suo sguardo. Vedendo quegli occhi rossi colmi di rabbia Akira trasalì.
    “Davvero, non lo faccio apposta! Quel giorno sono successe tante cose... Che... Mi hanno cambiato... La vita” disse Akira con un tono di voce sempre più basso. Hisaki fissò i suoi occhi verdi incupirsi e sentì un lieve tonfo al cuore: vedere quell’espressione era la cosa che più lo infastidiva, non riusciva davvero a sopportarla.
    “Scusa” disse quasi sussurrandolo. Sapeva di avergli ricordato la sorella, sapeva che renderlo triste era l’ultima cosa che avrebbe voluto. Akira alzò lo sguardo un po’ stupito: non si sarebbe mai aspettato delle scuse da uno come Hisaki. Il ragazzo evitava di incrociare gli occhi di Akira, era chiaro che non era abituato a chiedere scusa e la cosa lo imbarazzava. Akira abbozzò un lieve sorriso.
    “Ti va di andare al luna park domani?”
    Hisaki lo guardò esterrefatto. Al luna park? Forse il dolore per la perdita della sorella lo aveva fatto andar fuori di testa.
    “Akira... Sicuro di star bene?”
    “Certo, perché me lo chiedi?”
    “Nel caso non te lo ricordassi io ho 22 anni e tu 24!”
    “E allora? Sarà divertente... Io ho bisogno di distrarmi un po’, e anche a te non farebbe male uscire da qui! Lavori sempre... Prenderti una pausa ogni tanto fa bene! Ti pregooooo!” disse facendo gli occhioni dolci. Hisaki arrossì leggermente.
    “Va bene va bene ma smettila di fare quella faccia idiota”
    Akira sorrise.
    “Grazie!”
    “N-non devi ringraziarmi” rispose Hisaki tenendo lo sguardo basso. Akira restò a fissarlo: vederlo imbarazzato gli faceva una tenerezza enorme.
    “Waaaa sei così carino!!”
    “Che?!?!” Hisaki arrossì ancora di più.
    “Sei troppo dolce quando sei imbarazzato!!”
    “Non sono imbarazzato i-io... Ho solo caldo!” disse alzandosi da tavola.
    “Dove vai?”
    “A dormire... Buonanotte” disse senza girarsi a guardarlo.
    “Buonanotte... Non sognarmi troppo” disse Akira facendo un sorrisetto: Hisaki sobbalzò diventando completamente rosso.
    “Che diavolo stai dicendo razza di idiota?!?” disse girandosi verso di lui e tirandogli dietro la prima cosa che gli capitò sotto mano. Akira la evitò per poco.
    “Fiu, c’è mancato un pelo... Stavo solo scherzando! E’ troppo divertente metterti in imbarazzo” disse Akira ridendo. Hisaki chiuse gli occhi stringendo i pugni: calmo, doveva stare calmo... Non poteva ucciderlo: non voleva passare il resto della sua vita dietro le sbarre. Il ragazzo si limitò ad andare in camera sua senza dire più una parola mentre Akira lo guardava uscire con un sorriso sulle labbra.
    Il giorno dopo, verso sera, i due erano nelle rispettive camera a prepararsi per uscire.
    “Perché ho accettato dannazione!!” pensava Hisaki nel mezzo della cabina armadio cercando qualcosa da mettersi.
    “Ma quanto ci mette?” pensava Akira appoggiato alla ringhiera delle scale mentre aspettava Hisaki. Poco dopo sentì la porta della camera aprirsi.
    “Oh finalmen...” Akira si girò a guardarlo mentre parlava “...te”
    Hisaki lo aveva lasciato per un attimo senza fiato. Addosso aveva una camicia bianca lasciata leggermente sbottonata, che lasciava intravedere i suoi pettorali perfettamente scolpiti.
    “Smettila di star lì imbambolato a guardarmi, mi urta i nervi!”
    Akira si riprese scuotendo leggermente la testa.
    “Dimmi una cosa che non ti innervosisce...”
    Hisaki si limitò a sbuffare.
    “Andiamo o preferisci star qui a insultarmi?”
    “Hum... Fammici pensare...” Akira gli fece la linguaccia “Andiamo”
    Poco dopo i due erano per strada a bordo di una Lamborghini Aventador rosso fiammante: a guidare era Hisaki che sfrecciava per la strada incurante dei limiti di velocità.
    “ODDIO RALLENTA!! SONO TROPPO GIOVANE PER MORIRE HISAKIIII!!!” gridava Akira tenendosi aggrappato al sedile in preda al panico.
    “Fa silenzio” fu la risposta secca di Hisaki.
    “Prenderai un sacco di multe se continui così!! HEY! Il semaforo era rosso!!”
    “Ops credo di essere daltonico... Le multe non mi interessano, di certo non mi mancano i soldi per pagarle”
    “Ti ritireranno la patente! Pirata della strada!!” sbraitava Akira.
    “Che peccato... Vorrà dire che poi guiderai tu”
    “Sempre se esco vivo da qui!! AAAAH ci schianteremo!!!”
    Arrivati al luna park, Akira appoggiò un braccio e la testa fuori dal finestrino.
    “Sto per vomitare...”
    “Per così poco?” disse Hisaki scendendo.
    “Giuro che non so come tu abbia fatto a prendere la patente!!”
    “Hai intenzione di restare lì tutta la sera?” disse Hisaki aprendogli la portiera: Akira cadde a terra sbattendo il viso sul cemento.
    “AIO!”
    Hisaki gli tese la mano.
    “Vieni razza di rompiscatole”
    Akira alzò lo sguardo: la mano tesa di Hisaki gli ricordava una scena che aveva già visto... Già, questa era la seconda volta che Hisaki gli tendeva la mano per aiutarlo.
    “Vieni o no?” disse Hisaki vedendo che Akira restava impalato a guardare la sua mano. Akira abbozzò un sorriso e prese la sua mano alzandosi. Poco dopo i due camminavano fra le mille luci colorate del luna park, circondati da bambini che gridavano e correvano qua e là.
    “Perché sono venuto... Io detesto i bambini” pensava Hisaki cercando di trattenere l’istinto omicida che lo assaliva ogni volta che un bambino si metteva a urlare.
    “Hey Hisaki!! Ci vieni lì??”
    Hisaki guardò dove era rivolto lo sguardo di Akira: ossia verso il bruco mela.
    “Akira... Stai scherzando vero?!”
    “No! Dai è divertente!!”
    “N.O.!! Mi rifiuto categoricamente di salire in quella giostra per bambini!”
    “E rilassati un po’!” disse Akira prendendolo per mano e trascinandolo verso la giostra. Poco dopo i due erano sopra al bruco mela.
    “Non posso credere di essere davvero qui...” Hisaki avevo una mano in viso cercando di nascondersi per la vergogna.
    “Ahahahahahah oddio dovresti vederti ahahahahah!!” Akira continuava a ridere guardando Hisaki che era tutto rannicchiato nella giostra per il poco spazio che aveva.
    “Non è per niente divertente!!” disse Hisaki girandosi a guardarlo male.
    “Sì che lo è... Ahahah hai quasi le ginocchia contro il viso!”
    “Lo credo bene... Qui ci devono stare i bambini, non i ragazzi di 22 anni!!”
    “Dai che si parte! Sicuramente sarà meglio che andare in macchina con te”
    “Ti conviene star zitto se non vuoi volare fuori da questa giostrina”
    Dopo il giro sul bruco, durante il quale Akira urlò anche più dei bambini, i due scesero: Hisaki camminava a fatica.
    “Le mie povere gambe...”
    Akira portò una mano alla bocca cercando di trattenersi dal ridere, Hisaki lo guardò fulminandolo.
    “Guarda, andiamo lì!”
    Disse Akira dirigendosi verso il labirinto degli specchi. Hisaki sospirò rassegnato e lo seguì.
    “Ecco l’uscita!!” Furono le parole di Akira dieci minuti dopo. Il ragazzo andò dritto verso destra con passo sicuro: poco dopo si sentì un tonfo e il vetro tremò per la botta che gli aveva dato Akira finendoci contro.
    “Oddio che male!!” disse Akira a bassa voce portando le mani in viso un po’ rimbambito per la botta.
    “.............” Hisaki lo fissava restando immobile, quando Akira tolse le mani dal viso vide che aveva la faccia arrossata per la botta.
    “Pfff.........” Hisaki cercò di trattenersi ma non ce la fece: scoppiò a ridergli in faccia tenendosi la pancia. Akira lo guardò esterrefatto: chi l’avrebbe mai detto che anche uno come Hisaki sapeva ridere? Il ragazzo dagli occhi verdi restò a guardarlo con talmente tanto stupore che quando Hisaki se ne accorse smise di ridere e lo fissò.
    “Perché mi guardi così?”
    “Fa strano... Vederti ridere!”
    Hisaki arrossì. Ora che ci pensava, era da tanto tempo che non rideva. Da mesi... Forse addirittura da anni. Da quando quella persona l’aveva lasciato...
    “Sai Hisaki, sei davvero bello quando ridi!” Akira interruppe i suoi pensieri, sulla sua faccia c’era un mega sorriso. Hisaki a quella frase trasalì e spostò lo sguardo evitando gli occhi di Akira.
    “... Andiamo dobbiamo trovare l’uscita” disse riprendendo a camminare tra gli specchi. Akira restò per un attimo a guardarlo perplesso, poi sorrise e lo seguì.
    Un’ora più tardi, i due stavano ancora girovagando per il luna park.
    “Direi che ora bisogna rilassarsi un po’... Andiamo lassù?” disse Akira indicando la ruota panoramica.
    “Se proprio devo”
    “Un po’ di entusiasmo!!” disse Akira dandogli una pacca sulla schiena, poi corse verso la ruota. Hisaki lo guardò: quel ragazzo era davvero pieno di vita e spensierato... Proprio come i personaggi che lui creava.
    “Muoviti Hisaki, mio nonno sarebbe più veloce di te!” gli urlò Akira girandosi verso di lui.
    “Che razza di...!” Hisaki corse verso di lui “Giuro che se ti prendo ti ammazzo!!”
    Akira riprese a correre ridendo.
    Poco dopo i due stavano ammirando le luci della città dall’alto della ruota.
    “Waaaa è stupendo!!” disse Akira guardando verso il basso. Hisaki guardava il riflesso delle luci sull’acqua del fiume immerso nei suoi pensieri.
    “Hey Hisaki ci sei?”
    “Mh?” Hisaki girò appena il viso verso Akira.
    “Vorrei sapere cosa ti passa per la testa, sei sempre sovrappensiero” disse Akira guardandolo negli occhi. Hisaki restò a fissarlo in silenzio, i suoi occhi rossi piantati in quelli verdi di Akira. Akira sapeva che quel ragazzo così misterioso gli nascondeva qualcosa... A dire il vero conosceva poco o niente di lui visto il suo rifiuto a parlare.
    “Hisaki non te l’ho mai chiesto ma... Dove sono i tuoi genitori? E’ strano che un ragazzo di 22 anni viva da solo in una villa del genere!”
    Hisaki a quella domanda ebbe un lieve sussulto e spostò lo sguardo verso il cielo: la luna era parzialmente coperta dalle nuvole scure, qualche stella brillava qua e là.
    “Come non detto, scusa se te l’ho chiesto” disse Akira rassegnato abbassando lo sguardo.
    Ci fu un attimo di silenzio, poi fu Hisaki a parlare.
    “I miei genitori se ne sono andati quando io ero un bambino, lasciandomi in quella villa solo con Akito... Con “Se ne sono andati” non intendo che sono morti... Vivono all’estero”
    “Vuoi dire che... Ti hanno abbandonato lì...?” Akira tornò a guardare il viso di Hisaki, che in quel momento era illuminato dai flebili raggi della luna. Hisaki si limitò ad annuire.
    “Perché...? Voglio dire, quale genitore abbandonerebbe un figlio senza motivo?”
    Hisaki a quella domanda sentì una stretta al cuore e abbassò lo sguardo: Akira vide che i suoi occhi erano lucidi.
    “Io...” Hisaki deglutì poi riprese a parlare “Un motivo c’è... Ero ancora un bambino ma ho fatto qualcosa di davvero... Terribile...!”
    Akira capì che era qualcosa di cui probabilmente Hisaki non avrebbe voluto parlare, o meglio, qualcosa che gli faceva ancora troppo male affrontare.
    “Hisaki... Non so cosa tu abbia fatto di così grave, ma sono sicuro che tu te ne sia già pentito... E passare tutti questi anni da solo credo sia stata una pena più che sufficiente!”
    Hisaki si girò a guardare Akira stupito, poco dopo sentì la sua mano posarsi sopra alla propria.
    “Ti prometto che io non ti abbandonerò mai!”
    Hisaki guardò le loro mani, poi tornò a fissare quegli occhi verdi e il sorriso sulla faccia di Akira... Dentro di sé sentiva una strana sensazione, un calore che forse aveva già sentito in passato, ma molti anni prima... Sul viso di Hisaki si dipinse un sorriso.
    “E’ una minaccia?” disse scherzando.
    “Mi odi così tanto?!” rispose Akira fingendo di fare il broncio, Hisaki non rispose e si limitò ad intrecciare le dita della mano con quelle di Akira.
    “...Grazie...” sussurrò tornando a guardare il paesaggio. Akira restò stupito per qualche secondo dalle parole e dal gesto di Hisaki, poi sorrise con le gote leggermente arrossate. Era felice che Hisaki si fosse aperto, anche solo un po’, con lui... Sapeva che il suo coinquilino non amava parlare di sé, sapeva che per lui probabilmente era difficile ricordare il suo passato... Sapeva anche che c’era ancora tanto che non conosceva di Hisaki.
    Più tardi, i due stavano camminando tra la folla, quando Hisaki vide dietro a un gruppo di persone un viso familiare... Capelli rossi, occhi gialli con le pupille strettissime, uno sguardo da far venire i brividi lungo la schiena. Hisaki si fermò di colpo sgranando appena gli occhi, Akira gli finì addosso.
    “Hey perché ti sei fermato all’improvviso?”
    Hisaki restò a fissare quel viso senza dire una parola, il ragazzo ricambiò il suo sguardo, fece un sorriso sadico e sparì perdendosi tra la folla. Akira vedendo che Hisaki non rispondeva guardò nella sua direzione ma non vide nulla.
    “Cos’hai visto? Una bella ragazza?”
    Hisaki si riprese e finalmente parlò.
    “Niente... Torniamo a casa, sono stanco”
    Akira lo guardò perplesso, i suoi occhi rossi lasciavano trasparire un sentimento di terrore. Ancora una volta si ritrovava a chiedersi cosa passasse per la testa di Hisaki, ma soprattutto cosa, o chi, aveva visto.

     
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  6. Burupya
     
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    Capitolo 4 - Rivelazioni

    L’indomani, quando Akira si svegliò e andò giù a fare colazione trovò un biglietto di Hisaki.
    “Sono uscito per consegnare il mio ultimo lavoro alla casa editrice. Scusami se ti lascio a far colazione da solo. ~Hisaki”
    Akira guardò la tavola: Hisaki gli aveva già preparato una colazione perfetta. Akira sorrise e come al solito si abbuffò fino a scoppiare. Quando finì di mangiare Hisaki non era ancora rientrato: ad Akira in quel momento venne un’idea che non avrebbe dovuto avere... Ma la seguì comunque.
    Poco dopo si trovava nella camera di Hisaki. Si vedeva chiaramente che era la camera di un mangaka: il muro era tappezzato dei suoi disegni, sulle mensole tutti i suoi manga perfettamente ordinati, oltre a delle action figures dei suoi personaggi.
    “E’ un paradiso!!” pensò Akira ammirando ad uno ad uno quelle meraviglie... Fino a quando il suo sguardo si posò sul comodino o, più esattamente, su un portafoto, che era rovesciato all’ingiù. Akira lo prese: conteneva una foto di Hisaki assieme ad un ragazzo dai capelli blu e gli occhi argentei. C’era una cosa che lasciava Akira a bocca aperta: Hisaki in quella foto stava ridendo, sembrava davvero felice e spensierato, tanto da lasciarsi abbracciare dal ragazzo misterioso. Chi era quel tipo? Hisaki doveva esserci parecchio affezionato per lasciarsi stringere in quel modo.
    “Che ci fai in camera mia?!” la voce di Hisaki tuonò nella camera, Akira fece un balzo per lo spavento e lanciò in aria il portafoto senza rendersene conto. Hisaki fece uno scatto prendendolo prima che cadesse e fulminò Akira con lo sguardo.
    “Ehm ecco i-i-io...” Akira restò pietrificato di fronte agli occhi di Hisaki che sembravano volerlo incenerire. Hisaki guardò la foto, in quel momento sentì una fitta al cuore e chiuse gli occhi.
    “P-perché quella foto era rovesciata...?” Akira sapeva che sarebbe stato meglio tacere, ma la sua curiosità vinse sulla paura che aveva della reazione di Hisaki.
    “Ci sono cose, o persone, che preferiresti dimenticare per sempre”
    A quella risposta Akira restò senza parole. Cos’era successo tra Hisaki e quel ragazzo? Hisaki era davvero pieno di misteri...
    “Hisaki... E’ a causa sua se ora non sorridi più?”
    Hisaki si sentì sprofondare. Akira aveva toccato un tasto dolente. Il ragazzo dagli occhi di fuoco restò in silenzio.
    “... Non ti voglio obbligare a parlarne con me, ma tenerti tutto dentro non fa bene... Mostrare i propri sentimenti non è una cosa negativa, a volte può far bene a te... E anche alle persone che ti stanno intorno” detto ciò Akira uscì dalla stanza. Hisaki restò a fissare il pavimento. Akira non sapeva nulla di lui ma allo stesso tempo aveva capito già tutto. Il ragazzo si lasciò cadere sul letto sprofondando il viso nel cuscino. Avrebbe tanto voluto piangere, ma non ce la faceva. Era un’altra cosa che non gli riusciva più, probabilmente aveva versato troppe lacrime in passato per averne ancora.
    Quella sera, quando Hisaki uscì dal suo studio erano le undici passate. Andò in salotto e trovò Akira addormentato sul divano, probabilmente stava aspettando che finisse di lavorare ma non aveva retto. Hisaki abbozzò un sorriso, lo prese delicatamente in braccio e lo portò in camera per poi rimboccargli le coperte. Restò seduto vicino a lui per qualche minuto guardandolo dormire: sembrava un cucciolo indifeso... Quel ragazzo capitato per caso nella sua vita gli stava dando non pochi pensieri. Era la sola persona ad essersi avvicinato a lui nonostante il suo carattere scontroso, l’unico che forse l’aveva capito fino in fondo. Avrebbe dovuto raccontargli tutto del suo passato...? Non era ancora sicuro di volerlo fare. E se poi avesse perso anche lui? Non lo avrebbe sopportato. Hisaki sospirò alzandosi e andò in camera sua, quella notte spegnere i pensieri ed addormentarsi fu un’impresa alquanto ardua per lui.
    Il giorno seguente, quando Akira si alzò trovò Hisaki ad aspettarlo seduto a tavola.
    “Buongiorno” disse Hisaki impassibile.
    “Buongiorno... Hum, Hisaki?”
    Hisaki lo guardò.
    “Ieri sera... Pensavo di essermi addormentato sul divano... Invece poi mi sono ritrovato nel mio letto... E...”
    “Ti ci ho portato io”
    “C-c... Vuoi dire che mi hai preso in braccio?!”
    “Sì e sai una cosa? Dovresti metterti a dieta!”
    Akira restò basito.
    “Hey!! Sono tutti muscoli i miei!”
    “Certo certo come no, continua a mangiare valanghe di cioccolata e schifezze varie mi raccomando”
    “Sei solo geloso perché io posso mangiare un sacco senza ingrassare!” disse Akira sedendosi.
    Hisaki si limitò ad alzare le spalle.
    Nel pomeriggio, Hisaki era appena andato a prendere da bere, stava tornando nel proprio studio quando suonò il campanello.
    “Vado io” disse al maggiordomo, quest’ultimo gli fece un lieve inchino e tornò a sistemare la villa.
    Quando Hisaki aprì la porta sentì il sangue gelarsi nelle vene. Akira dal salotto udì il suono di qualcosa di vetro che si rompeva e corse all’ingresso: vide che a terra c’era l’acqua fuoriuscita dalla bottiglia che Hisaki si era lasciato cadere, ma cosa più importante, sull’uscio c’era lui... Il ragazzo dalle iridi argentate della foto.
    “Che ci fai qui... Satoshi?” disse Hisaki con un tono di voce piuttosto irritato.
    “Anch’io sono felice di rivederti, Hisaki!” rispose il ragazzo “E quello chi è? Il tuo nuovo maggiordomo?” disse guardando Akira alzando un sopracciglio.
    “Maggiordomo a chi?!” disse Akira portando un pugno in avanti.
    “Vattene!” disse Hisaki cercando di chiudere la porta, ma Satoshi la fermò con una mano.
    “Voglio parlarti”
    “Non ho nulla da dirti” Hisaki parlava senza guardarlo negli occhi, sentiva il sangue ribollirgli nelle vene per la rabbia. Come poteva presentarsi di nuovo davanti a lui dopo tutti quegli anni?!
    “Vorrà dire che parlerò io!” Satoshi prese Hisaki per un polso e lo sbattè contro al muro. Akira provò un istinto omicida verso il nuovo arrivato... Come si permetteva di trattare Hisaki in quel modo?! Il ragazzo dai capelli blu appoggiò le mani sul muro a lato della testa di Hisaki bloccandogli ogni via d’uscita.
    “Perché ce l’hai tanto con me?” disse guardandolo negli occhi. A quella domanda Hisaki sentì un brivido corrergli lungo la schiena e strinse i denti.
    “Perché... PERCHE’ MI CHIEDI?!” Hisaki gli urlò in faccia guardandolo finalmente negli occhi con uno sguardo a dir poco infuriato. Nei suoi occhi bruciava la fiamma della rabbia che aveva dentro.
    “Di’, Satoshi, non hai paura a starmi così vicino?! Sai, potrebbe succede ancora... Perciò è meglio se te ne vai, in fondo quella volta non ti sei fatto tanti problemi a lasciarmi solo! C’ero abituato, in fondo sono stato abbandonato da tutti... Ma quando l’hai fatto anche tu... La persona che mi aveva detto “ti voglio bene” così tante volte... La persona che mi aveva fatto ritrovare la speranza che in questo mondo ci fosse qualcuno capace di provare dei sentimenti così forti da andare oltre a qualsiasi cosa... Quando te ne sei andato... Mi hai fatto sprofondare in un abisso senza fine...!” Hisaki pronunciò le ultime parole con voce tremante. Akira restò a bocca aperta: ora sapeva perché il ricordo di quel ragazzo gli faceva così male da nasconderne la foto, ma di cosa parlava quando aveva detto “potrebbe succedere ancora”? Perché Satoshi avrebbe dovuto aver paura di lui? Il mistero che aleggiavo attorno al passato di Hisaki diventava sempre più intricato...
    Satoshi restò a fissare Hisaki, anche lui era rimasto a bocca aperta.
    “Valevano davvero così poco quei “ti voglio bene” che mi dicevi...?” quando Hisaki pose quest’ultima domanda era al limite: sul suo viso scese una lacrima, la prima dopo tutti quegli anni. Akira sentì un tonfo al cuore: vederlo così, a piangere tremando, non solo lo stupì, ma lo fece stare davvero male... Come se il dolore di Hisaki fosse anche il suo dolore.
    Satoshi chiuse per un attimo gli occhi, poi prese il viso di Hisaki fra le mani asciugandogli la lacrima col pollice.
    “Mi dispiace Hisaki... Io... Ho sbagliato...! Ma ora sono qui e non ho più intenzione di abbandonarti!”
    Hisaki mise le mani sul suo petto spingendolo via.
    “Sono passati sette anni... Sette!! Ti sei reso conto solo ora di quello che hai fatto?! Mi dispiace... Io non riesco più a credere in te...!” Hisaki fece per andarsene ma Satoshi lo prese per un polso.
    “Chi è questo ragazzo?”
    “Non sono affari tuoi” disse Hisaki senza girarsi a guardarlo.
    “Tsk, sei diventato davvero acido! Se è ancora qui scommetto che non sa quello che hai fatto”
    Hisaki rimase pietrificato. Era vero. Akira non sapeva quello che lui aveva fatto. Aveva avuto troppa paura per dirglielo... Paura di perdere anche lui. Il ragazzo dalle iridi di fuoco strinse i denti.
    “Come immaginavo” infierì Satoshi facendo un sorrisetto.
    “Cosa... Non so?” chiese Akira timidamente. Voleva saperlo. Voleva sapere tutto di Hisaki. Non gli importava quanto fosse terribile quello che aveva fatto. Qualunque cosa fosse aveva contribuito a renderlo così. Speciale... Diverso da tutti.
    Hisaki si girò di scatto prendendo Satoshi per il collo della maglia alzandolo da terra.
    “Non azzardarti a parlarne!!”
    I suoi occhi erano di un rosso acceso, sembravano quasi brillare... Sembravano davvero ardere come un vero fuoco.
    “Stai attento, Hisaki, se ti scaldi troppo il sigillo potrebbe non reggere...” Satoshi parlava con uno sguardo provocatore. Hisaki cominciò a tremare per la rabbia, ad Akira sembrava di vedere uno strano alone attorno a lui...
    “Mi stupisco davvero... Di averti considerato mio amico!” Hisaki gli diede un pugno in faccia che gli fece scricchiolare la mascella. “VATTENE!” gli urlò con uno sguardo che sembrava assatanato.
    Satoshi portò una mano alla guancia.
    “Guarda Hisaki... Sei riuscito a spaventare anche lui! Non ti libererai mai della tua vera natura, ricordalo... Potevo essere l’unico ad accettarti per quello che sei!” disse mentre si dirigeva verso la porta, poi si fermò sull’uscio.
    “Non finisce qui” disse prima di uscire. Hisaki guardò Akira: aveva un’espressione davvero spaventata.
    “A-Akira...” lo sguardò di Hisaki passò dall’essere colmo di rabbia a intimorito.
    “Hisaki... Voglio sapere cos’hai fatto! Voglio sapere di che sigillo parlava! Voglio sapere... Chi, o cosa, sei veramente...!”
    Hisaki sospirò chiudendo gli occhi. Sapeva che gli doveva delle spiegazioni, e che una volta che Akira fosse venuto a conoscenza della verità... Probabilmente sarebbe scappato da lui come tutti gli altri.
    “D’accordo... Andiamo a sederci”

     
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  7. Burupya
     
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    Capitolo 5 - Rivelazioni - seconda parte

    Poco dopo i due erano in salotto, seduti uno di fronte all’altro. Akira guardava Hisaki negli occhi, si sentiva come qualcuno che stava per ascoltare la sua sentenza.
    Hisaki raccolse tutto il coraggio che aveva e cominciò.
    “Sarò breve tanto oramai conosco la reazione a questa storia... Quando avevo dieci anni... Ho ucciso mio fratello più piccolo”
    Akira restò senza parole. Davvero uno come Hisaki poteva arrivare ad uccidere un familiare...? Non poteva crederci. Ci doveva essere una spiegazione...!
    “P... P-perché l’hai fatto...?”
    Hisaki si stupì della domanda di Akira. Solitamente dopo quella rivelazione erano fuggiti tutti spaventati.
    “Io... Non sono un normale essere umano... C’è... Qualcosa di strano in me... E quel giorno... Quella parte ha preso il sopravvento... E’ come se non riuscissi più a controllarmi, divento solo assetato di sangue...!”
    Akira restò esterrefatto. Hisaki era davvero diverso dagli altri... In tutto. Quella rivelazione lo sconvolgeva, eppure non riusciva ad averne paura. Non riusciva ad immaginare un Hisaki assassino.
    “E il sigillo di cui parlava...?”
    Hisaki alzò appena la maglietta: Akira vide che poco più su dell’osso del bacino aveva un tatuaggio. Una fiamma circondata da un cerchio.
    “Non è un tatuaggio normale... Mi è comparso quando un mago ha sigillato quella parte di me”
    “Sigillato?”
    “Esatto... Fortunatamente il mio lato oscuro non riapparirà più”
    Akira restò a fissarlo per qualche minuto in silenzio. Ora capiva perché Hisaki si sentiva così in colpa. Capiva perché si era chiuso a riccio escludendo tutto il mondo. Non riusciva nemmeno a immaginare il dolore che aveva passato... Aver ucciso il fratello, un errore che l’aveva segnato a vita allontanando il mondo da lui. Aveva davanti un assassino... Ma non riusciva a vederlo come tale. Gli sembrava più un cucciolo indifeso, che ora aveva lo sguardo basso e colmo di tristezza. Akira si alzò in piedi, Hisaki chiuse gli occhi: se ne stava per andare anche lui, come tutti gli altri...?
    E invece non andò come si aspettava. Hisaki sentì le braccia di Akira avvolgerlo in un caldo abbraccio e aprì di colpo gli occhi.
    “Mi dispiace Hisaki, davvero... Posso solo immaginare quanto tu abbia sofferto... Ti ho promesso che non ti avrei abbandonato, e manterrò la mia promessa! Non ti considero un assassino... Non è stata colpa tua! Ti prego, smettila di punirti per ciò che hai fatto e ricomincia a vivere...!!”
    Hisaki restò immobile. Quelle parole gli entrarono dentro risvegliando quel cuore che era rimasto addormentato per tanto, troppo tempo.
    “Perché Akira... Perché non hai paura di me?!”
    Akira sciolse l’abbraccio per poterlo guardare negli occhi.
    “Conosco il vero Hisaki... E’ vero, fino a pochi minuti fa non sapevo nulla del tuo passato... Ma ho visto quanto tu avessi perso la voglia di vivere... E scommetto che tu non volevi sorridere perché pensavi di non meritarlo più, di non meritare di essere felice... Quando hai riso per la prima volta, al luna park, per un attimo sei tornato a vivere... Ed è giusto che sia così! Non puoi continuare in eterno a farti ossessionare dai fantasmi del tuo passato!”
    “Dovrei far finta che non sia successo nulla?! Non ce la faccio!! Ho ucciso una delle persone che amavo! Io... Sono un mostro!!” disse chiudendo gli occhi per trattenere le lacrime.
    “No Hisaki non lo sei! Tu non lo sai... Ma mi hai salvato!! Non intendo solo per il fatto che tu mi abbia offerto ospitalità... Ma mi hai fatto tornare a sperare! Per me... Sei stato come la luce in fondo a un corridoio buio! Possibile che tu non lo capisca?! Tu Hisaki sei il motivo per cui ogni giorno mi alzo da quel letto col sorriso! Hai ucciso una persona... Ma ne hai resuscitata un’altra!”
    Hisaki non sapeva cosa dire. Nessuno gli aveva mai detto delle parole così... Soprattutto dopo aver saputo la verità.
    “Akira... Promettimi... Promettimi che non cambierai idea, ti prego”
    Akira prese la mano di Hisaki e la portò al proprio petto.
    “Te lo prometto, Hisaki... Lo senti? Questo cuore prova davvero ciò che ti ho detto”
    Hisaki lo fissò in quegli occhi verdi, poi accennò un sorriso mentre il suo viso si rigava di lacrime.
    “Sai, quando Satoshi se n’è andato... Avevo promesso che non mi sarei mai più affezionato a qualcuno... Ma la verità è che...”
    Hisaki deglutì, per lui era così faticoso esprimere i propri sentimenti...
    “... Ti voglio bene, Akira”
    Akira lo guardò esterrefatto, restò imbambolato per diversi minuti, poi sul suo viso comparve un grande sorriso.
    “Oddio, non ci posso credere!!”
    Akira guardava Hisaki con le lacrime agli occhi per la commozione.
    “Che hai da piangere?!”
    “Questa è la prima volta che mi dici qualcosa di carino!! Ti voglio bene anch’iooooo” disse abbracciandolo forte.
    “Ak-Akira!! Non respi... Ro!!!”
    “Oh, scusa!” disse allentando la presa, poi prese le guance di Hisaki portandole in su in modo da farlo sorridere.
    “Per favore, Hisaki... Da oggi voglio vederti sorridere, ok?”

    Quella notte, Hisaki stava dormendo quando sentì qualcuno battergli sulla spalla: aprì gli occhi e vide un'ombra di fianco al suo letto. Gli ci volle qualche secondo perché il suo cervello si rendesse conto che quello in piedi era Akira.
    “Akira...” disse ancora mezza addormentato.
    “Scusa se ti ho svegliato ma...”
    Fuori pioveva a dirotto, la pioggia ticchettava violentemente contro le finestre e nel silenzio della notte il suono dei tuoni rimbombava per tutta la villa.
    “... Posso dormire con te?”
    Hisaki lo guardò in silenzio. Aveva paura del temporale?! Akira evitava il suo sguardo: per una volta sapeva bene cosa stava pensando, aveva ragione: erano solo i bambini ad aver paura del temporale. Ma la notte in cui i suoi genitori erano stati uccisi davanti ai suoi occhi era proprio così: buia, illuminata solo dalla luce dei lampi. A far compagnia al rumore degli spari il rombo dei tuoni e lo scrosciare della pioggia. Hisaki gli fece posto sul letto.
    “Vieni”
    Akira si stese di fianco a lui, stringeva fra le braccia il cuscino che si era portato dalla sua camera e tremava leggermente. Hisaki lo guardò, poi si avvicinò a lui: mise una mano sui suoi capelli appoggiando la testa su quella di Akira, appoggiò l’altra mano sulla sua schiena avvicinandolo a sé.
    “Sta tranquillo va tutto bene”
    Akira chiuse gli occhi: le parole di Hisaki e il calore del suo corpo lo tranquillizzarono tanto che qualche minuto dopo si addormentò fra le sue braccia.
    Il giorno dopo, Hisaki si svegliò con un grande peso addosso. Nel vero senso della parola: Akira gli stava dormendo sopra. Hisaki restò perplesso per qualche secondo, poi arrossì e lo scaraventò giù dal letto. Akira alzò appena la testa rimbambito sia dalla botta che dal fatto che si era appena svegliato.
    “Che succede?” sbiascicò assonnato.
    “Va bene tutto, ma evita di dormirmi sopra, grazie!” disse Hisaki alzandosi dal letto.
    “Hm? Non me ne sono reso conto! Hey sei arrossito” notò Akira sorridendo, Hisaki gli lanciò addosso il cuscino.
    “Probabilmente perché mi mancava l’aria con un bradipo steso sopra!!”
    “Non avevo notato che dormi in boxer” disse alzandosi da terra.
    Hisaki si rese conto che Akira lo stava fissando. Effettivamente si era dimenticato anche lui di come dormiva, era troppo assonnato quando Akira era venuto a svegliarlo quella notte.
    “... E allora?!” rispose ancora più imbarazzato.
    “Nulla, sei davvero un figo!” disse dandogli un pizzicotto sul fondoschiena prima di uscire. Hisaki sobbalzò.
    “CHE DIAVOLO FAI RAZZA DI... DI...!!” Hisaki gli lanciò dietro una boccetta di profumo centrandolo in pieno.
    “AI!” piagnucolò Akira. “Sei manesco!!”
    “Sei tu che allunghi le mani!!” gli sbraitò contro completamente rosso in viso.
    “Era solo un pizzicotto! Ma so che il mio fascino è così irresistibile che anche solo un mio pizzicotto fa andare in ebollizione chiunque” disse facendo una faccia soddisfatta.
    “Ma... Ma chi ti credi di essere?! Pallone gonfiato!! Basta, io ci rinuncio a parlare con te” disse mentre entrava nella cabina armadio. Akira lo guardò con un lieve sorriso sulle labbra, poi uscì dalla sua camera. Hisaki si guardò allo specchio: il suo viso era tutt’uno col colore degli occhi.
    “Oddio... Perché mi fa incazzare così tanto?!” pensò portando le mani al viso.
    Nel pomeriggio, quando Hisaki uscì dal suo studio si trovò davanti la faccia sorridente di Akira a pochi centimetri.
    “ODDIO!” urlò Hisaki facendo un balzo indietro.
    “Hey non sono così brutto da far spavento!”
    “Prova tu a trovarti davanti la faccia di un idiota dopo aver lavorato per cinque ore di fila!!”
    “Vieni a fare una passeggiata?”
    “No” rispose Hisaki andando verso il salotto, Akira lo seguì.
    “Perché no?!”
    “Non ho voglia di uscire”
    “Dai Hisaki!! Sei sempre rintanato qui! Andiamo su!” disse prendendolo in spalla.
    “HEY! Mettimi giù! Subito!!”
    “Scordatelo, ora vieni fuori con me!”
    “Ho capito ma mettimi giùùùùùù!” Hisaki prese a dimenarsi.
    “Fermo se ti agiti mi cadi!!”
    “E tu mettimi giù cazzo!”
    “Non si dicono le parolacce”
    “Vaffanculo!!”
    “Andrai all’inferno Hisaki”
    “Vedi di non venirci anche tu: non ti voglio tra i piedi anche lì!”
    “Si vede che mi ami tanto ♥”
    Hisaki sospirò rassegnato. Una volta fuori dal cancello della villa Akira lo mise giù.
    “Anche tu pesi però eh?”
    “Io faccio palestra, idiota!”
    “Ah già dimenticavo il tuo fisico da statua greca”
    “C...” Hisaki non finì la frase e abbassò lo sguardo imbarazzato, poi prese a camminare. Akira lo seguì.
    “Mi dai la manina?”
    “CHE?! Scordatelo! Non voglio essere scambiato per un gay”
    “Che hai contro gli omosessuali?”
    “Oddio ti prego, non cominciare con le domande filosofiche”
    “Vuoi domande stupide allora?”
    “Non puoi star zitto e basta?”
    “Hisakiiiii dai non essere cattivo” disse prendendolo a braccetto.
    “Ti ho detto che non voglio passare per gay!! Lasciami” borbottò Hisaki fulminandolo.
    “No!” Akira si strinse di più al suo braccio.
    “Oh cristo santo” disse Hisaki alzando gli occhi al cielo.
    Poco dopo mentre i due camminavano cominciò a nevicare.
    “Ecco ci mancava questa”
    “Ooooh è romantico ♥”
    “I miei capelli!!”
    “Ecco come rovinare il romanticismo”
    “Ma che romanticismo razza di scemo?!?!”
    “AKIRAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA!!!”
    I due si videro venire incontro un ragazzo dai capelli castani e gli occhi di ghiaccio: quando arrivò vicino a loro abbracciò Akira.
    “Ehm... Ciao Jin” disse Akira facendo un sorriso forzato.
    “Chi è questo?” chiese Hisaki con tono sprezzante.
    “U-un vecchio am...” Akira fu interrotto da Jin.
    “Il suo ex!”
    Hisaki sgranò gli occhi. Ex?!
    “COSA?!?!” Hisaki si allontanò di scatto da Akira. “Tu sei gay?!”
    “Pensavo fosse il tuo nuovo fidanzato questo” disse Jin guardando Hisaki perplesso.
    “Fidanzato di questo idiota?! NO!! Perché non me l’hai detto?!” Hisaki fissava Akira negli occhi.
    “Ops...” disse Jin a bassa voce.
    “Perché... Perché... Ehm... Ma che cambia?!”
    “IO HO DORMITO CON TE!! Oddio non ci posso credere”
    “Oh avete dormito assieme?!” Jin seguiva la scenetta come fosse un film al cinema.
    Akira abbassò lo sguardo rabbuiato. Hisaki ora probabilmente lo odiava.
    “Ehm... Io vado, penso di essere di troppo” Jin se la filò.
    Hisaki guardò Akira: quella rivelazione l’aveva davvero sconvolto, ma... Anche lui in fondo era diverso e Akira l’aveva accettato. Essere omosessuali non era di certo qualcosa di grave come essere un assassino. Anzi. Allora perché si era arrabbiato tanto quando l’aveva saputo...?
    Hisaki si avvicinò ad Akira e lo prese per mano.
    “Scusami”
    Akira lo guardò stupito.
    “Hisaki... Mi vuoi ancora bene...?”
    Hisaki gli scompigliò i capelli.
    “Come puoi pensare che si smetta di voler bene a una persona da un momento all’altro?”
    Akira sorrise.
    “Non hai paura di passare per gay tenendomi la mano?”
    “Approfittane prima che cambi idea”
    I due ripresero a camminare mentre il paesaggio attorno a loro si tingeva lentamente del candido colore della neve.
    Quella sera, erano sul terrazzo della villa a bere una cioccolata calda ammirando Mosca coperta da un manto di neve. Era uno spettacolo davvero mozzafiato, che contrastava con il blu scuro del cielo stellato.
    “Kyaaaa bere cioccolata e guardare questo paesaggio bellissimo è il massimo della vita!!” disse Akira entusiasta.
    “Già, non si può chiedere di meglio”
    “Hm... Pensandoci bene non ne sono sicuro”
    “Che vuoi dire?” disse Hisaki girandosi a fissare gli occhi verdi di Akira. Quest’ultimo si alzò dalla sedia e si avvicinò a lui, che era appoggiato alla ringhiera.
    “Voglio dire...”
    Akira appoggiò una mano al viso di Hisaki: il ragazzo dalle iridi di fuoco sentì il battito del suo cuore accelerare a mille mentre vedeva il viso dell’amico avvicinarsi al suo. Poco dopo sentì le sue labbra posarsi sulle proprie. Hisaki sgranò gli occhi, la tazza che aveva in mano gli scivolò a terra finendo in mille pezzi. Cosa... Cosa stava facendo...? Ci mise un po’, ma alla fine reagì: allontanò Akira da sé portandosi le dita alle labbra.
    “Cosa... Cosa ti è saltato in mente, Akira?!” disse con un filo di voce.
    “Io non ti voglio bene Hisaki... Io ti amo...!”
    Hisaki sentì un brivido percorrergli la colonna vertebrale e scombussolargli la mente. Si sentiva perso. Non sapeva cosa dirgli.
    “Io... Io... N-non sono...”
    Hisaki si rese conto di avere la voce tremante. Perché si sentiva così? Come se un uragano gli fosse entrato nell’anima sconvolgendolo completamente.
    “... Vattene...!” disse coprendo gli occhi coi capelli.
    Akira lo guardò stupito, poi chiuse gli occhi stringendo i pugni, quando uscì dalla porta Hisaki intravide lo scintillio di una lacrima sul suo viso.
    Hisaki portò le mani fra i propri capelli lasciandosi scivolare giù fino a sedersi a terra. Cosa diavolo era successo?! Gli sembrava tutto un sogno... O meglio, un incubo.

     
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    che bello rileggerla e bentornata ^_^ tra noi,. Questa storia mi piace troppo.
     
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  9. Burupya
     
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    CITAZIONE (giu810 @ 2/12/2013, 19:21) 
    che bello rileggerla e bentornata ^_^ tra noi,. Questa storia mi piace troppo.

    Grazie mille ^//^ io ci sono particolarmente affezionata essendo la prima, anche se ora come ora riscrivendola cambierei sicuramente qualcosa :)
    durante le vacanze di Natale cercherò di passare a leggere qualcos'altro degli altri autori ^_^



    Capitolo 6 - Il ritorno

    Quella notte non riusciva a chiudere occhio. Il pensiero di Akira lo tormentava di continuo. Continuava a ripensare a quel bacio. Gli era capitato in passato di pensare, vedendo per strada due ragazzi baciarsi, che se gli fosse capitato di baciare qualcuno dello stesso sesso l’avrebbe disgustato... Ma non era stato così. Aveva provato una strana sensazione. Aveva davvero fatto bene a cacciare Akira in quel modo...? Non aveva una casa, ora probabilmente era fuori al freddo sotto alla neve. E probabilmente a causa sua stava soffrendo. Non aveva pensato ai suoi sentimenti quando aveva reagito a quel modo. Era troppo sconvolto per farlo. Akira era riuscito a farlo sorridere dopo anni, era riuscito ad aprire uno spiraglio nella corazza che si era creato per difendersi dal mondo e tutte le volte che l’aveva fatto arrossire... No, non poteva essere.
    L’indomani, Hisaki stava lavorando al suo manga, ma come gli era già successo in passato, non riusciva a disegnare. Cercava di tenere la mente libera ma non ci riusciva, i pensieri si accavallavano uno sull’altro e non gli davano tregua. Hisaki posò la matita sul tavolo e guardò fuori: per l’ennesima volta stava piovendo. Il ragazzo guardò le goccioline scendere lungo il vetro. Akira era un chiodo fisso nella sua testa. Gli passarono per la mente i flash di tutti i momenti passati con lui, i suoi sorrisi, le sue parole, come si sentiva al suo fianco. Poi immaginò come sarebbe stata la sua vita senza di lui... E finalmente capì.
    Hisaki si alzò di scatto dalla sedia e prese l’ombrello correndo fuori: le strade erano deserte a causa della pioggia. Dopo mezz’ora che girava a vuoto cominciava a perdere la speranza: camminava lentamente con lo sguardo un po’ perso.
    All’improvviso vide Akira che camminava di fronte a lui: i loro sguardi si incrociarono e i due si fermarono a qualche metro di distanza l’uno dall’altro. Restarono immobili per diversi minuti, poi fu Hisaki a muoversi per primo: gettò a terra l’ombrello e si avvicinò a lui a passi lenti fino a trovarsi a pochi centimetri dal ragazzo. Il viso di Akira era rigato dalla pioggia, ma Hisaki sapeva fin troppo bene che lì in mezzo c’erano anche le sue lacrime. Gli occhi verdi del ragazzo scrutavano quelli di Hisaki in attesa che parlasse.
    “... Io... Ho sempre mentito a me stesso... Non volevo ammetterlo, perché pensavo fosse qualcosa di cui vergognarsi... Ma poi ho capito... Che sono stato davvero uno stupido!! Ho cercato di reprimere i miei sentimenti per paura del giudizio della gente, ma la verità è che... Senza rendermene conto mi sono innamorato anch’io di te, Akira! E se ti ho mandato via è solo perché ho avuto paura...!” Hisaki parlava fissandolo dritto negli occhi.
    Ci fu un attimo di silenzio, poi sul viso di Akira apparve lentamente un sorriso: ora quelle che si mescolavano alla pioggia erano lacrime di gioia.
    “Hisaki... Sei davvero sicuro di quello che dici?”
    Hisaki deglutì, lo guardò negli occhi, poi prese la sua maglietta bagnata con una mano tirandolo a sé: esitò per un attimo, ma poi lo baciò. Akira chiuse lentamente gli occhi: era infreddolito per la pioggia, ma quel bacio lo scaldava nel profondo, più di qualsiasi fuoco.
    Quando Hisaki separò le labbra dalle sue Akira appoggiò la fronte su quella del ragazzo.
    “Hisaki... Ora ricordo cosa volevo chiederti la prima volta che ti ho visto... Ma ora ho anche la risposta”
    “Ossia?” disse Hisaki fissando i suoi occhi verdi che brillavano come due smeraldi.
    “Quando ti ho incontrato la prima volta, era come se stessi vagando nel buio... Yumi era il mio unico, piccolo spiraglio di luce... Vedendoti, mi sono chiesto se eri davvero diverso dalla massa come sembravi... Ecco cosa volevo chiederti... Se saresti potuto diventare il mio sole, la mia speranza che in questo mondo ci fosse qualcosa di buono... Non volevo illudermi inutilmente e fortunatamente non è successo... Quando Yumi se n’è andata mi è crollato il mondo addosso... Se non ci fossi stato tu a quest’ora probabilmente non sarei qui”
    Per qualche minuto ci fu silenzio. L’unico rumore era quello della pioggia che scendeva. Hisaki non sapeva cosa dire, non era abituato a queste cose... Quindi si limitò ad abbracciarlo più forte che poteva. Akira era infreddolito dalla pioggia, ma quell’abbraccio lo faceva sentire meglio.
    “Meglio tornare a casa... Abbiamo bisogno di un bel bagno caldo dopo tutta questa pioggia!”
    “Hai ragione” disse Hisaki sorridendo.
    Akira sentì una sensazione di leggerezza dentro che non aveva mai provato prima. Era questa quella che chiamavano “felicità”? Vedere Hisaki sorridere e sapere che sarebbe rimasto al suo fianco lo faceva sentire bene.
    I due si incamminarono verso casa mano nella mano, incuranti della pioggia che continuava a scendere imperterrita.
    Arrivati a casa, Akira riempì la vasca di acqua calda.
    “Oook, possiamo entrare”
    “P... Possiamo...?” chiese Hisaki perplesso.
    “Bè puoi venire con me”
    Hisaki restò di sasso.
    “C-c-c-che?! E-ehm no fai pure io vado di là!”
    Hisaki stava per uscire ma Akira lo fermò prendendolo per la maglia.
    “Hisaki... Di che ti vergogni? Siamo due ragazzi!”
    “Lo so ma...” Hisaki abbassò lo sguardo imbarazzatissimo.
    “Hai paura che ti violenti?” disse Akira facendo un sorrisetto divertito.
    Hisaki restò pietrificato per qualche secondo.
    “COSA DIAVOLO DICI RAZZA DI... DI...! Dio, devono inventare un nuovo vocabolo solo per definirti!!”
    Akira guardò l’espressione di Hisaki e non poté fare a meno di sciogliersi in un sorriso: era adorabile quando faceva la faccia arrabbiata ed era imbarazzato.
    “Io vado nell’altro bagno, maniaco!!” disse Hisaki uscendo.
    Akira lo seguì con lo sguardo, adorava metterlo in imbarazzo e bastava sempre così poco!

    Il giorno dopo, fuori splendeva finalmente il sole e i due stavano facendo colazione in terrazzo.
    “Akira... Cosa diamine stai facendo?”
    Hisaki fissava il ragazzo che stava mangiando un Kinder Fetta al Latte in un modo tutto suo: aveva tolto uno dei due strati di pan di spagna mangiandolo per primo.
    “E’ più buono se lo mangi così... Provaci!”
    Hisaki lo guardò con un’espressione basita, certo che era un tipo davvero strano... Perfino nel modo di mangiare.
    “Dai prova! Si sente di più la crema al latte!”
    Hisaki guardò il Kinder Fetta al Latte sul tavolo, poi lo prese e cercò di imitare Akira ma il pan di spagna si rompeva continuamente e Hisaki si ritrovò con le dita piene di crema al latte.
    “... Perché ti ho dato ascolto...?”
    “Ahahah sei tu che sei impedito, io non mi sono sporcato per niente!”
    “Impedito a chi?! Ti par normale mangiare così?”
    Akira prese il polso di Hisaki, si alzò leggermente dalla sedia sporgendosi in avanti e leccò la crema dalle sue dita. Hisaki sentì il viso andargli a fuoco: restò immobile a fissare Akira senza dire una parola. Quando Akira ebbe finito fissò Hisaki negli occhi.
    “Arrossisci facilmente, sai?”
    “S-sei tu che non fai cose normali!”
    “Io? No sei tu che hai qualche problema con qualsiasi dimostrazione di affetto che vada un po’... Oltre! Ti vedo accaldato”
    Akira prese un bicchiere d’acqua alzandosi e lo rovesciò in testa ad Hisaki.
    “Ecco così ti raffreddi!” disse cercando di non scoppiare a ridere. Hisaki restò immobile per qualche secondo, poi si girò di scatto verso Akira fulminandolo.
    “Comincia a correre maledetto!!”
    Akira corse via ridendo, Hisaki si alzò e lo seguì. Akira era veloce, ma Hisaki faceva palestra ed era molto più allenato di lui: in pochi minuti lo raggiunse agguantandolo da dietro e alzandolo da terra.
    “Ora me la paghi” disse Hisaki portandolo verso la piscina.
    “Ahahahahah cavolo sei veloce!!”
    “Io fossi in te non riderei”
    Hisaki si fermò di fianco alla piscina e ci lanciò dentro Akira, quest’ultimo ritornò a galla poco dopo sputando fuori acqua.
    “E’ fredda!!”
    “Ben ti sta” fu la risposta secca di Hisaki.
    Akira nuotò fino al bordo della piscina, fece per uscire... Ma in realtà prese il piede di Hisaki facendolo cadere dentro.
    “CAZ...” Hisaki non fece in tempo a finire la frase che sprofondò nell’acqua. Quando riemerse guardò malissimo Akira, quest’ultimo continuava a ridere.
    “Avrei tanta voglia di annegarti sai?” disse fulminandolo con lo sguardo.
    “Non è vero, non lo faresti mai mio piccolo orsacchiotto ♥”
    “Piccolo orsacchiotto?!” Hisaki mise le mani fra i capelli di Akira e gli buttò la testa sott’acqua mentre Akira si dimenava cercando di riemergere. Quando Hisaki lo lasciò fece un respiro profondo riprendendo aria.
    “Okokokok niente più nomignoli promesso!!”
    “Ti conviene” disse Hisaki uscendo dalla piscina.

    Nel pomeriggio, Akira accompagnò Hisaki a consegnare il nuovo capitolo del suo manga. Prima di rientrare alla villa i due si fermarono a mangiare un gelato. Hisaki continuava a guardarsi intorno.
    “Che hai? Sembri uno evaso di galera che ha paura di essere riconosciuto”
    “Nulla... E’ solo che... Non sono abituato a stare in pubblico”
    “Paura di qualcuno?”
    “Veramente...”
    Hisaki vide due ragazze guardare verso il loro tavolo, fare delle facce inizialmente stupite, poi entusiaste.
    “Ecco di cos’ho paura” disse vedendo le due ragazze avvicinarsi al loro tavolo.
    “Ciaooooooooo!! Tu sei Hisaki non è vero?” disse una delle due ragazze guardandolo. Akira notò che entrambe stravedevano per il suo compagno: se fossero state in un manga avrebbero avuto gli occhi a cuore. Hisaki si sforzò di abbozzare un sorriso annuendo.
    “Adoriamo tutti i tuoi manga sei davvero bravissimo!! L’ultimo che stai scrivendo poi è fenomenale!”
    “Concordo! Amo alla follia “Suishō no yume” ed è pieno di tanti bei ragazzi!!”
    “Come l’autore d’altronde” aggiunse l’altra ragazza facendo un sorriso.
    Akira strinse la coppetta del gelato accartocciandola. Cosa volevano queste due ochette dal SUO Hisaki?!
    “E-ehm grazie” Hisaki si sentiva a disagio: non era abituato ad uscire... E tantomeno ad incontrare le sue fans.
    “Ci faresti un autografo sul nuovo numero?” disse una delle due ragazze porgendogli l’ultimo numero del suo manga.
    “Certo” disse Hisaki accontentandole. Ora che ci pensava... Era il primo autografo che faceva. Gli sembrava così strano essere riconosciuto da qualcuno...
    “Grazie infinite!! Hey sai una cosa? Dal vivo hai l’occhio più da birichino!” disse una delle due facendo un sorrisetto. Hisaki restò spiazzato. Birichino...?! Akira colse al volo l’occasione per fare una delle cose che amava di più: stuzzicare Hisaki.
    “Magari lo fosse un po’ di più!!” disse facendo un sorrisetto malizioso guardando il suo compagno negli occhi.
    Hisaki arrossì di botto.
    “C-che diavolo dici idiota?!”
    “Dico che a volte preferirei che tu fossi un po’ più diavoletto... A buon intenditore poche parole, eh?” disse Akira mentre col piede sfiorava la sua gamba sotto al tavolo. Hisaki trasalì. Akira guardò le due ragazze con la coda dell’occhio: a quanto pare era riuscito a sconvolgerle, erano rimaste pietrificate.
    “E-e-ecco... Noi andiamo!! Grazie mille Hisaki!” disse una delle due mentre indietreggiava, poi si girarono andandosene. A pochi passi da loro i due ragazzi le sentirono dire chiaramente “Ma perché tutti i più fighi sono gay?!”
    Akira fece un sorriso soddisfatto.
    “Di’, l’hai fatto apposta?!”
    “Un po’ sì lo ammetto” rispose Akira “Ma dicevo sul serio riguardo al diavoletto”
    “C-cos....! Ma perché sto con un maniaco come te?!”
    “Evidentemente perché i maniaci ti piacciono!”
    “Non dire idioz...” Hisaki troncò la frase: il suo sguardo si era posato su due occhi a lui ben noti. Due occhi gialli. Gli stessi che aveva visto al Luna Park. E anche ora quei due occhi stavano fissando i suoi. Hisaki vide il ragazzo dai capelli di fuoco alzarsi dal tavolo a cui era seduto.
    “Akira andiamo” disse alzandosi.
    “Che succede?” chiese Akira vedendolo preoccupato.
    Hisaki si limitò a prenderlo per mano e andare velocemente verso l’uscita: si girò indietro per controllare la situazione, quando tornò a guardare in avanti si trovò di fronte quegli occhi glaciali e sobbalzò. Il ragazzo aveva le mani appoggiate ai due lati della porta e gli bloccava l’uscita.
    “Dove vai così di fretta, Hisaki?” disse con un sorriso sadico stampato in viso. Akira lo fissò: i suoi occhi mettevano i brividi almeno quanto la sua voce.
    “Cosa vuoi da me Kiroi?” rispose seccamente Hisaki. Akira spostò lo sguardo su di lui: non aveva mai visto i suoi occhi così turbati.
    “Oh, volevo solamente salutarti... Di’, chi è il tuo amichetto? E’ carino” disse mettendo una mano sul mento di Akira alzandogli appena il viso. Akira sentì una scossa gelata lungo tutta la colonna vertebrale. Hisaki tirò Akira per un braccio avvicinandolo a sé.
    “Non lo toccare” disse guardando Kiroi con uno sguardo inceneritore.
    “Come siamo suscettibili”
    Sul viso del ragazzo era perennemente stampato quel sorriso diabolico.
    “Sei geloso? Bastava dirlo...”
    Kiroi si mosse così velocemente che i due ragazzi non ebbero nemmeno il tempo di rendersene conto: un attimo dopo stava tenendo Hisaki per la gola e lo sbatté violentemente su uno dei tavolini. Poi avvicinò il viso al suo orecchio.
    “... A saperlo avrei dato attenzioni anche a te”
    “Hisaki!!” Akira era rimasto a bocca aperta: chi era questo strano tipo?! Ma soprattutto, cosa voleva da Hisaki?
    Hisaki portò le mani su quella di Kiroi che lo stava tenendo: faticava a respirare e chiuse gli occhi stringendo i denti.
    “Prima mi hai chiesto cosa voglio da te... Eccoti la risposta: sono tornato a concludere ciò che avevo iniziato! Quella volta mi mancavano delle conoscenze, per questo ho fallito... Dunque, che ne dici di togliere questo sigillo inutile e liberare il tuo vero io? Dev’essere doloroso non poter usare i propri poteri, eh Hisaki?” mentre diceva queste parole Kiroi sbottonava la camicia ad Hisaki scoprendo il tatuaggio. Hisaki sentiva i sensi annebbiarsi sempre di più: la mancanza d’aria lo faceva stare davvero male. Sentì la mano gelida di Kiroi posarsi sull’osso del suo bacino esattamente dov’era il tatuaggio: poi sentì un rumore forte, come di qualcosa di metallico che sbatteva contro qualcos’altro. Finalmente riuscì a respirare: Kiroi aveva lasciato la presa. Hisaki riaprì gli occhi: vide Kiroi a terra e Akira con un vassoio in mano.
    “Hisaki... Stai bene?” disse Akira guardandolo. Hisaki lo fissò per pochi secondi, poi si alzò di scatto dal tavolo: lo prese per mano e corse fuori.
    “Hey! Che ti prende ora?!”
    “Tu non hai idea di chi ti sei appena messo contro Akira!!” rispose Hisaki senza fermarsi.
    “Si può sapere chi diavolo è quello?!”
    “Lui è la persona che mi ha messo questo sigillo... E che ora a quanto pare vuole romperlo!!”
    “Cosa?! Ma cosa diavolo è?!”
    “Uno stregone”
    Akira era sconvolto. Da quando aveva conosciuto Hisaki ne aveva sentite di tutti i colori... Demoni, stregoni... Gli sembrava di stare in una favola. Solo che qui non sembrava esserci il lieto fine.
    Hisaki vide un ragazzo che stava per salire in moto: si avvicinò a lui.
    “Spero mi perdonerai” disse poco prima di dargli un pugno sullo stomaco, rubargli le chiavi e salire in moto.
    “Ma che fai?!” chiese Akira shockato.
    “Zitto e sali”
    Akira era confuso: che diavolo stava succedendo?! Non ci capiva più nulla, ma di una cosa era certo: poteva fidarsi di Hisaki perciò fece come gli aveva detto.
    “Tieniti forte” disse Hisaki facendo rombare il motore della moto: poco dopo partì a tutto gas. Akira per poco non volò indietro per la velocità: si aggrappò fisso ad Hisaki appoggiando la testa sulla sua schiena e chiudendo gli occhi. L’aria era così forte da sembrare tagliente come tanti coltelli. Poco dopo Hisaki vide sullo specchietto retrovisore qualcosa in volo.
    “Sta arrivando”
    “Chi?!” chiese Akira.
    “Kiroi”
    Akira girò la testa: vide che il ragazzo dai capelli infuocati stava... Volando.
    “Oddio sono ubriaco senza aver bevuto!!” disse strofinandosi gli occhi.
    “E’ un mago... Cosa ti aspettavi?!... CAZZO!!”
    Akira si girò di scatto: era la prima volta che sentiva Hisaki così agitato e capì subito il motivo... Stavano attraversando un ponte, di cui era appena crollato un pezzo grazie a Kiroi.
    “ODDIO MORIREMO!”
    “Eeeh no, non l’avrà vinta così facilmente!” disse Hisaki mentre accelerava.
    “Che vuoi fare?!”
    “Chiudi gli occhi e stringiti a me”
    “Oooh... E’ la prima volta che mi fai delle advances ♥” disse Akira mentre si stringeva di più a lui.
    “Ma ti pare il momento di fare commenti da maniaco?!”
    “E’ sempre il momen... ODDIO SEI FUORI DI TESTAAAAAAAAAAAAA”
    Akira capì finalmente l’intenzione di Hisaki: voleva usare un detrito come rampa per saltare il pezzo di ponte mancante. E lo fece. Mentre erano in volo Akira sentì il cuore fermarsi e trattene il fiato. Poi finalmente la moto toccò l’asfalto dalla parte opposta e Akira poté riprendere fiato.
    “Vuoi farmi morire?!”
    Hisaki si limitò ad abbozzare un sorriso. Poco dopo però entrambi videro la morte in faccia: Kiroi usò i suoi poteri per causare un’esplosione a pochi metri da loro, l’onda d’urto fece perdere il controllo della moto ad Hisaki e sbalzò i due ragazzi sull’asfalto. Akira fece un gemito di dolore: sentì qualcosa di caldo scendergli dalla testa e quando ci portò una mano si rese conto che stava sanguinando.
    “Ecco l’importanza del casco!” bofonchiò tirandosi su a sedere. Poco più in là vide Hisaki che si stava rialzando: fortunatamente sembrava ferito leggermente solo ad un braccio.
    “La prossima volta vedrò di trovare il tempo di rubare anche quelli!!... Stai bene?”
    Akira lo guardò: era felice che si preoccupasse per lui.
    “Tranquillo, niente di grave” disse sorridendogli.
    “Che scenetta commovente!”
    I due si girarono di scatto verso il punto da cui proveniva la voce: davanti a loro c’era Kiroi.

     
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    Capitolo 7 - Ti prometto che io non ti abbandonerò mai

    “Non è stato carino colpirmi alle spalle con quel vassoio, moccioso” disse guardando Akira con occhi raggelanti. Il ragazzo a quello sguardo rabbrividì: sembravano gli occhi di una pantera pronta all’attacco. Hisaki scattò davanti ad Akira reggendo lo sguardo di Kiroi: c’era silenzio, ma i loro occhi dicevano più di qualsiasi parola. Se avessero potuto, probabilmente si sarebbero inceneriti a vicenda.
    “Non azzardarti a toccare Akira” disse Hisaki lentamente, il suo tono era chiaramente minaccioso.
    “Altrimenti?” chiese Kiroi sorridendo.
    “Ti ammazzo!” fu la risposta secca di Hisaki.
    “Oh, mi tremano le gambe!”
    Kiroi sorrise sadicamente e allungò un braccio in avanti: quando aprì la mano che era chiusa a pugno da essa uscì un raggio luminoso rosso che colpì Akira al petto: il ragazzo volò contro il muro così violentemente che su di esso si crearono delle crepe. Akira inarcò la schiena per la botta: non avevo nemmeno il fiato per gemere di dolore, scivolò giù lungo il muro fino a trovarsi seduto a terra semi-incosciente. Sentiva il petto bruciare come se avesse preso fuoco, per non parlare del dolore alla schiena: gli sembrava che un carrarmato gli fosse passato sopra.
    “AKIRA!” urlò Hisaki girandosi verso di lui. Poi tornò a guardare Kiroi: il suo sguardo ardeva di rabbia.
    “Maledetto!!”
    Hisaki non riuscì più a trattenere la sua rabbia: si scagliò contro di lui dandogli un pugno sullo stomaco con tutta la forza che aveva in corpo. Kiroi sgranò gli occhi sputando sangue per il colpo, poco dopo però sul suo viso tornò un sorriso sadico.
    “Illuso!” disse il mago mentre lo prendeva per i capelli per poi scaraventarlo a terra qualche metro più in là.
    “Finché quel sigillo è attivo, sei solo un debole essere umano!!”
    “Tu me l’hai messo: perché diavolo vuoi toglierlo ora?!” disse Hisaki mentre si alzava a fatica.
    “Davvero non ricordi?”
    Hisaki lo guardò stupito: cosa avrebbe dovuto ricordare?
    “Io ho risvegliato quella parte di te assetata di sangue! Ma ho commesso un piccolo errore: non ho saputo controllarti e dopo aver ucciso tuo fratello ti sei rivoltato contro di me, per questo ho dovuto mettere quel sigillo: per evitare che mi uccidessi! Ma ora so come avere il pieno controllo di te: grazie alla tua potenza il mondo cadrà ai miei piedi”
    “Sei un folle!!” disse Akira a stento.
    “Sta zitto moccioso! Fra poco sarà proprio il ragazzo che ami a porre fine alla tua miserabile e inutile vita!”
    Kiroi parlava avvicinandosi lentamente ad Hisaki: quest’ultimo arretrava tremando. Uccidere un’altra persona era l’ultima cosa che voleva, soprattutto se si trattava di Akira. Non l’avrebbe mai potuto sopportare.
    “Smettila di scappare... E arrenditi al tuo destino!”
    Gli occhi di Kiroi si illuminarono: Hisaki non riusciva più a muovere un muscolo, come se qualcosa lo tenesse legato... Ma non c’era nulla a legarlo. Kiroi in pochi passi si trovò di fronte a lui, lo guardò negli occhi facendo un sorriso diabolico mentre posava la mano sul tatuaggio.
    “Dovresti ringraziarmi per averti scelto!”
    Hisaki non fece in tempo a dire una parola: Akira vide comparire una luce attorno a lui così accecante che fu costretto a chiudere gli occhi. Quando li riaprì, Hisaki aveva la testa bassa e gli occhi coperti dai capelli.
    “Hisaki...?” disse con un filo di voce.
    “... Fallo fuori. Poi sai dove trovarmi” disse Kiroi poco prima di svanire nel nulla.
    Hisaki girò lentamente la testa verso Akira: quando il ragazzo riuscì a vedere i suoi occhi capì immediatamente che quello che aveva davanti non era più Hisaki. I suoi occhi rossi non avevano il calore di prima, ora sembrava assetati di sangue. Sulle sue labbra Akira vide apparire un sorriso sadico. Hisaki si avvicinò a lui, lo prese per la maglia alzandolo da terra per poi prendergli il viso con una mano.
    “E’ un vero peccato che ti debba uccidere” disse fissandolo negli occhi “Sei così carino”
    Akira non sapeva cosa dire. Vedeva chiaramente che quel sorriso malizioso e quegli occhi non erano quelli di Hisaki.
    “Hey tesorino, il gatto ti ha mangiato la lingua?” disse Hisaki vedendo che Akira restava a fissarlo in silenzio. Akira balbettò qualche sillaba senza senso: provava una strana sensazione e non riusciva a parlare né tantomeno a reagire. Poco dopo vide il viso di Hisaki avvicinarsi al suo: il ragazzo dagli occhi di fuoco gli leccò le labbra. Akira sgranò appena gli occhi: non era abituato a quei gesti da parte di Hisaki. A dire il vero sapeva benissimo che il vero Hisaki non avrebbe mai fatto una cosa del genere... Purtroppo.
    “Hi... Hisaki...!” fu tutto quello che Akira riuscì a dire.
    “Oh, cominciavo a pensare che tu fossi diventato muto! Il mio nome è tutto ciò che sai dire? Ooh, ma che onore!”
    Hisaki sbatté una mano contro al muro di fianco al viso di Akira, poi lo baciò con passione: Akira sobbalzò per la sorpresa, ma poi socchiuse gli occhi... Ma che stava facendo?! Sapeva che avrebbe dovuto reagire, in fondo quello non era il vero Hisaki! Ma aveva sognato così tanto quel momento, ricevere un bacio così dalla persona che amava...
    Quando Hisaki si separò da lui lo prese per i capelli e lo scaraventò a terra violentemente facendolo strisciare a terra per diversi metri.
    “Ooops, sono desolato... Credo che ora dovrò farti fuori! Considera quello di prima come il bacio d’addio!” disse Hisaki con un sorriso malefico in viso. Il ragazzo si avvicinò ad Akira che era a terra dolorante e gli schiacciò il collo con un piede. Akira portò le mani sul piede di Hisaki respirando a fatica. Quando stava per svenire per la mancanza d’aria Hisaki lo lasciò: lo prese per il collo della maglia alzandolo e lo fissò negli occhi.
    “Sono passati troppi anni dall’ultima volta che mi sono divertito... Non posso lasciarti morire così facilmente!”
    Hisaki lo lanciò in aria: poco prima che cadesse a terra gli graffiò il petto coi suoi artigli causandogli delle ferite abbastanza profonde. Akira cadde a terra in ginocchio con la fronte appoggiata a terra e le mani al petto: il sangue passò fra le sue dita cadendo a terra, nel silenzio del momento si sentiva il suo ticchettare nella pozza rossa che si stava formando sull’asfalto. Hisaki lo guardò facendo un sorriso sadico, poi leccò il sangue di Akira dai suoi artigli.
    “Davvero vuoi morire così senza nemmeno provare a reagire?”
    “Non potrei mai farti del male... Hisaki”
    “Tsk, sei davvero un idiota!” disse Hisaki dandogli un calcio sulla schiena in modo che Akira finisse a terra del tutto. Poi lo prese per i capelli e lo trascinò vicino al muro: cominciò a sbattergli la testa contro di esso facendo sgorgare fiotti di sangue anche da lì. Akira strinse i denti soffrendo in silenzio: la sua vista si faceva sempre più annebbiata e cominciava a vedere tutto nero. Quando Hisaki lo lasciò a terra Akira era al limite: lo guardò con gli occhi socchiusi, sulla sua bocca sanguinante apparve un leggerissimo sorriso.
    “Non ti abbandonerò mai, Hisaki!” furono le ultime parole dette con voce fioca prima di chiudere gli occhi.
    Hisaki sgranò gli occhi: quelle parole gli fecero apparire un flash nella mente che durò un secondo. Non riusciva a capire cosa fosse quell’immagine, ma nella sua testa appariva di continuo per pochi istanti causandogli un forte dolore. Hisaki portò le mani fra i capelli chiudendo gli occhi: sentiva la testa esplodergli, come se dentro di essa ci fosse un mare in tempesta. Poi finalmente quella scena gli apparì chiara.
    Le luci del Luna Park.
    La ruota panoramica.
    La città illuminata dalle luci della sera.
    E quelle parole...
    “Ti prometto che io non ti abbandonerò mai!”
    Hisaki aprì di colpo gli occhi: la scena che si trovò di fronte gli fece fermare il cuore per qualche secondo. Akira era lì, a terra, immobile. In una pozza di sangue.
    Hisaki si guardò le mani tremanti: erano rosse... Ricoperte di sangue. Il sangue di Akira.
    “Non può essere successo di nuovo” era la frase che si ripeteva dentro. Non voleva crederci.
    Si inginocchiò di fianco ad Akira scuotendolo.
    “AKIRA!!” urlò in preda al panico. Ma Akira non rispondeva.
    “Non puoi... Non puoi lasciarmi anche tu! AKIRAAAA!”
    Hisaki lasciò cadere la testa sul petto dell’amato. E in quel momento gli si accese un barlume di speranza: il cuore di Akira batteva. Era debole, ma batteva.
    Hisaki non perse un secondo: lo prese in braccio e corse verso l’ospedale più veloce che poteva.
    Poco dopo si trovò chiuso fuori dalla sala operatoria ad aspettare. Appoggiò la fronte e le mani alla porta chiudendo gli occhi. Non aveva mai creduto in niente: la sua vita era stata troppo dolorosa per credere all’esistenza di un Dio. Ma mentre si lasciava scivolare giù, lasciando una scia di sangue sulla porta, mentre le lacrime gli scendevano a fiumi sul viso... Pregò. Pregò di rivedere ancora quegli occhi verdi, pregò perché la persona che dava senso alle sue giornate restasse in vita. Non avrebbe davvero sopportato di perderlo, soprattutto sapendo di essere il suo assassino. In quel momento si sentiva un mostro. Avrebbe voluto essere lui al posto di Akira.
    Un’ora più tardi il medico uscì dalla sala. Hisaki era seduto con la testa fra le mani, sentendolo uscire alzò appena lo sguardo: quei secondi prima che parlasse gli sembrarono un’eternità.
    “Il ragazzo è salvo. Tuttavia gli serviranno diversi giorni prima di rimettersi completamente. Probabilmente potrà uscire da qui tra due settimane. Se vuole può vederlo, si sveglierà fra pochi minuti” disse il dottore.
    Hisaki si precipitò nella stanza. Si avvicinò al lettino e prese la mano di Akira.
    “Grazie a Dio sei vivo” pensava guardandolo. Poco dopo sentì che la mano di Akira stringeva la sua: il ragazzo aprì lentamente gli occhi verdi e gli sorrise appena.
    “Akira... Mi disp...!”
    Hisaki non riuscì a finire la frase: Akira portò un dito della mano libera sulle sue labbra bloccandolo.
    “Non dire nulla Hisaki... So che non eri tu”
    Hisaki dovette stringere i denti per trattenere le lacrime. Come poteva essere così gentile con lui dopo quello che gli aveva fatto?!
    Hisaki prese la mano di Akira che toccava le sue labbra abbassandola.
    “Smettila di essere così comprensivo con me!! Non me lo merito! Guarda come ti ho ridotto... E non mi dire che non ero io!! Sono un mostro...”
    “No Hisaki che non eri tu! So riconoscere i tuoi occhi... E i tuoi baci”
    A Hisaki in quel momento apparì il flash della scena del bacio e arrossì di botto.
    “Ecco, arrossisci al solo pensiero... Figurati se mi daresti un bacio del genere” continuò Akira chiudendo gli occhi e facendo un sorrisetto.
    “Non mi pare tu ti sia scansato”
    “Io non ho mica detto che non mi è piaciuto”
    “Stai dicendo che preferisci i baci del mio lato cattivo?!”
    “No, sciocchino... Sono troppo freddi in confronto ai tuoi” rispose Akira toccandogli la punta del naso con un dito “... Certo che a volte potresti lasciarti andare un po’ di più però”
    Hisaki abbassò lo sguardo arrossendo ancora di più... Poi si rese conto che Akira aveva cambiato discorso.
    “Hey!! Hai cambiato discorso apposta?!”
    “Bè ti ho dimostrato che non eri davvero tu, perciò smettila di sentirti in colpa, ok?” disse appoggiando una mano sul suo viso.
    “Akira... Sei troppo buono...!” rispose Hisaki appoggiando la mano sulla sua.
    “Dici? Bè rimedio subito... Allora, visto che devo stare in ospedale pretendo che tu mi venga a trovare ogni giorno, che mi porti un peluche così di notte mi stringo a lui... Sai ero abituato a stare appiccicato a te e se non ti ho vicino non riesco a dormire! Poi voglio le mie caramelle preferite...”
    “Che sarebbero?” lo interruppe Hisaki.
    Akira ci pensò un attimo.
    “Tutte! E non dimenticare di portarmi i Kinder Fetta al Latte mi raccomando!”
    “C’è altro?!” disse Hisaki sarcastico.
    “Sì! Voglio un tuo bacio”
    Hisaki lo guardò negli occhi.
    “Sicuro di non volerlo dalla mia parte malefica?!”
    “Sei geloso?”
    “Dovrei essere geloso di me stesso?”
    “Mh non eri proprio tu!”
    “Quindi sei stato baciato da un altro?!”
    “Bè... Insomma mi si sta fondendo il cervello a ragionare!! Non puoi baciarmi e basta?”
    Hisaki lo fissò in silenzio. Poi si sedette sul lettino di fianco a lui. Appoggiò una mano sulla sua guancia e avvicinò il viso a suo fino a sfiorargli le labbra. Akira rabbrividì e socchiuse gli occhi affondando le mani nei suoi capelli corvini. Hisaki lo baciò prima dolcemente, poi man mano più lascivamente. Akira era felice di sentire finalmente quel bacio che conosceva: Hisaki gli sapeva trasmettere una sensazione di dolcezza che gli scaldava il cuore... Tuttavia quel bacio gli sembrava un po’ diverso dal solito. Era sì dolce, ma allo stesso tempo Hisaki sembrava averci messo più passione del solito. E Akira ne era felice: tirò il viso di Hisaki verso di sé, avrebbe voluto che quel bacio durasse per sempre. Quando Hisaki si separò da lui appoggiò la fronte alla sua.
    “Hey, vuoi farmi morire asfissiato?” gli chiese sorridendo appena.
    “Hisaki... E tu vuoi farmi sciogliere? Mh forse ti ha fatto bene diventare un po’ cattivo, vedo che cominci a scioglierti” disse Akira facendo un sorrisetto malizioso ancora con gli occhi socchiusi.
    Hisaki abbassò lo sguardo arrossendo leggermente. Era vero, si era lasciato un po’ andare... Ma solo per far felice Akira. Non era da lui dare baci così.
    Quella sera, quando Hisaki uscì dall'ospedale, andò verso casa a piedi. Camminava con le mani in tasca e lo sguardo un po’ perso. Sapeva che Akira probabilmente aveva sempre cambiato discorso per non farlo sentire in colpa. L’aveva quasi ammazzato... Eppure l’aveva perdonato... Hisaki in quel momento si sentiva egoista. Avrebbe dovuto lasciare Akira, per il suo bene. Tenerlo al suo fianco significava metterlo in pericolo, visto che non aveva nessuna sicurezza che la sua parte malvagia sarebbe rimasta sopita. In più c’era Kiroi. Eppure non poteva nemmeno immaginare di lasciarlo. Il solo pensiero di una vita senza di lui lo faceva sentire male. Akira era la sua unica ragione di vita.
    Quando Hisaki entrò in casa si fiondò in doccia. Aveva bisogno di lavare via tutti i pensieri e sentirsi scorrere l’acqua addosso lo aiutava a farlo. Ma quella volta era diverso. Non riusciva a svuotare la mente e i flash di sé mentre faceva del male ad Akira continuavano ad accavallarsi nella sua mente senza dargli tregua. Hisaki portò una mano agli occhi chiudendoli. Quando li riaprì vide di nuovo quel colore. Rosso. Si guardò le mani: proprio come quel pomeriggio erano impregnate di sangue. Dalla doccia vedeva scendere sangue: Hisaki sgranò gli occhi urlando. Il maggiordomo sentendo quell’urlo si precipitò in bagno: vide Hisaki fuori dalla doccia, a terra, tremante. I suoi occhi rossi fissavano l’acqua che scendeva. Cosa c’era di così spaventoso da farlo urlare?
    “Signorino Hisaki...” disse avvicinandosi a lui. Gli tese le mani per aiutarlo a rialzarsi ma Hisaki lo allontanò.
    “Stammi lontano!! Io... Io... Sono un assassino...!” la sua voce era tremante.
    “Si calmi... Va tutto bene” disse Akito aiutandolo ad alzarsi da terra. Non l’aveva mai visto in quello stato. O per lo meno non da grande... L’aveva visto così solo il giorno in cui aveva ucciso il fratello. Probabilmente quel fantasma del suo passato lo perseguitava tuttora.
    Poco dopo Hisaki era seduto sul letto, i gomiti sulle ginocchia e il viso tra le mani.
    “Le preparo una camomilla” disse Akito uscendo.
    “Akira...” sussurrò Hisaki con un filo di voce. Non sapeva cosa gli stava succedendo. Tutto ciò che voleva... Era rivedere il sorriso di Akira.
    I giorni passarono tutti allo stesso modo: quando Hisaki stava con Akira si sentiva tranquillo. Quando arrivava l’ora di andarsene invece, nel suo animo calava il buio più totale: di notte non riusciva a dormire per gli incubi che lo tormentavano. Sapeva che non poteva andare avanti così... Ma non aveva il coraggio di parlarne con Akira, non voleva farlo preoccupare. Pregava soltanto che quei giorni passassero in fretta ed Akira potesse tornare finalmente a casa. Finalmente quel giorno arrivò, le giornate da incubo per Hisaki erano finite.
    “Aaaah che bello essere a casa!!” disse Akira lasciandosi cadere sul letto.
    “Io vado a fare un bagno” Hisaki stava per chiudere la porta del bagno ma si fermò. Girò solo il viso verso Akira guardandolo negli occhi.
    “... Vieni con... Me?” gli chiese un po’ titubante.
    Ad Akira il solo pensiero fece uscire sangue dal naso.
    “C-c-c-cosa?!” disse sconvolto.
    “Fa niente”
    Hisaki stava per chiudere la porta ma Akira si fiondò a tenerla aperta con una mano.
    “Aspetta non era un no!! Era solo che... Non me l’aspettavo! Andiamo” disse entusiasta spingendolo dentro al bagno e chiudendo la porta.
    “Non te lo fai rip...” Hisaki mentre parlava si era girato verso Akira: quest’ultimo si era già tolto i vestiti.
    “ODDIO!” disse rigirando la testa arrossendo.
    “Oddio cosa?”
    “Hai fatto presto...!!”
    “Bè non ci vuole tanto a spogliarsi! Ma se ti serve una mano io sono disponibile ad aiutarti” disse avvicinandosi a lui da dietro. Hisaki fece un passo in avanti girandosi verso di lui.
    “Sono capace di farlo da solo grazie!” disse cercando di guardarlo in faccia.
    “Ooook signorino Hisaki, la aspetto in vasca se non le dispiace!” disse immergendosi nell’acqua.
    Hisaki sentiva il viso in fiamme.
    “Se vuoi non guardo mentre ti spogli” disse Akira sornione. Come al solito adorava metterlo in imbarazzo e stuzzicarlo. Hisaki lo fulminò con lo sguardo.
    “Invece di cianciare a vanvera risparmia le tue energie per dopo!” non appena ebbe finito la frase Hisaki portò una mano alla bocca. Cosa diavolo aveva detto?! Akira lo guardò stupito.
    “Oh-oh senti senti come siamo audaci!!”
    “Ehm n-non intendevo niente di...” Hisaki cercava un modo per discolparsi. Non sapeva perché gli era uscita quella frase... Era come se avesse parlato un’altra parte di lui. Hisaki sbuffò e si tolse la maglia. Akira canticchiò la canzone “You can leave your hat on” (la classica canzone dello spogliarello xD nda)
    “Sei davvero idiota!” disse Hisaki guardandolo.
    “Ci sta bene!! Manca solo qualche mossa sexy”
    Hisaki gli lanciò la maglietta in faccia.
    “Scordatelo”
    Poco dopo lo raggiunse in acqua.
    “Sei teso come una corda di violino” disse Akira sorridendo.
    “E’ solo una tua impressione” rispose Hisaki.
    In realtà Akira aveva perfettamente ragione. Hisaki non riusciva nemmeno a guardarlo in viso. Non era di certo la prima volta che si toglieva i vestiti davanti a qualcuno... Eppure con lui era diverso. Come tutto il resto d’altronde. Con Akira ogni cosa era diversa.
    “Vieni” disse Akira tendendogli le mani. Hisaki lo guardò perplesso, poi prese le sue mani: Akira lo tirò verso di sé facendolo sedere a cavalcioni sulle sue gambe.
    “Sta calmo non ho intenzione di violentarti sai?!” disse spostando le mani sul suo viso. Hisaki lo guardò negli occhi senza dire una parola. Non sapeva perché, ma sentiva il cuore battere all’impazzata. Alla fine si sciolse in un sorriso: i suoi occhi rossi e quelli color smeraldo di Akira si fissarono per un bel po’, poi si scambiarono un lungo bacio. Quando Akira scese a baciare Hisaki sul collo quest’ultimo rabbrividì: chiuse gli occhi lentamente e spense il cervello abbandonandosi ai sensi.

     
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  11. Burupya
     
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    Capitolo 8 - Perdono

    Il mattino dopo, Hisaki stava dormendo tra le braccia di Akira quando qualcuno bussò alla porta della camera. Hisaki aprì lentamente gli occhi.
    “Chi è?” chiese ancora semi-addormentato.
    “Signorino Hisaki, scusi se la disturbo ma c’è una visita” la voce era quella di Akito.
    “Arrivo” disse Hisaki alzandosi dal letto. Stava per aprire la porta ma si rese conto di essere senza vestiti. Si infilò una delle maglie gigantasche di Akira, che gli arrivava quasi alle ginocchia, e andò ad aprire.
    “Chi c’è a quest’ora del mattino?”
    “A dire il vero signorino... Sono le dieci” rispose Akito.
    “... Oh... Ehm” Hisaki non si era reso conto che fosse così tardi. Solitamente non era un tipo dormiglione.
    Sulle scale apparve un viso familiare: era Satoshi.
    “Oh no...” disse Hisaki sospirando.
    “Scusi signorino, avevo gentilmente chiesto all’ospite di aspettare sulla porta ma...”
    “Vai pure Akito”
    Akito fece un inchino e se ne andò.
    “Cosa vuoi?” chiese Hisaki.
    “Mai una volta che tu mi saluti quando mi vedi, eh? Che cavolo hai addosso?!”
    “Affari miei! Cosa diavolo vuoi?” chiese nuovamente il ragazzo.
    “Bè l’altra volta non ci siamo lasciati nel migliore dei modi...”
    “Chissà per che motivo!” disse Hisaki ironico.
    “Hisaki... Io l’altra volta ero venuto per scusarmi... Non mi va di litigare con te, sei il mio migliore amico!”
    “Sbagliato, ERO il tuo migliore amico! Prima che tu fuggissi”
    “Ti ho già chiesto scusa, cosa devo fare per farti credere che sia sincero?!”
    Hisaki fissò i suoi occhi argentei. Sembrava davvero dispiaciuto... Ma la ferita che gli aveva lasciato faceva così male...
    “Il sigillo non c’è più” gli disse Hisaki. Come avrebbe reagito? Se fosse fuggito ancora allora ciò che diceva era solo una grande bugia. Se fosse rimasto... Forse qualcosa di vero c’era.
    “Cosa...?!” disse Satoshi stupito. Restò a fissare Hisaki per qualche minuto, poi finalmente parlò.
    “Bè... Vedo che hai imparato a controllarti!”
    “Chi ti assicura che io non perda il controllo da un momento all’altro?”
    Satoshi ci pensò per qualche secondo.
    “Mi fido di te” disse infine. Hisaki restò senza parole.
    “Chi c’è Hisaki? Ti sei alzato lasciandomi da solo!” la voce era quella di Akira: era sulla porta della camera con un’aria ancora assonnata, infatti si stava strofinando un occhio. I suoi capelli erano tutti arruffati, addosso aveva solo i boxer.
    Satoshi vedendolo restò basito.
    “Hai... Dormito con lui...?”
    “Dormito? Ahah insomma! Quando si scatena è dura stargli dietro” disse Akira: all’improvviso sembrava essersi svegliato completamente.
    Satoshi sgranò gli occhi sconvolto.
    “M-ma tu... Odiavi i gay...!”
    Hisaki non sapeva cosa dire, in quel momento avrebbe voluto sprofondare.
    “Il mio charme gli ha fatto cambiare idea!!” disse Akira avvicinandosi a Hisaki e dandogli un pizzicotto sul fondoschiena: Hisaki stava per girarsi a dargli un pugno in testa ma restò bloccato.
    “L-la schiena....!” disse portando una mano alla schiena dolorante.
    “Oh forse son stato troppo violento” disse Akira reggendolo.
    “COSA DICI IDIOTA!” disse Hisaki allontanandolo.
    “Hai la mia maglia!” notò Akira felice.
    “Non avevo tempo di vestirmi e le tue maglie sono così enormi da farmi da vestito!!”
    Satoshi li guardava sempre più sconvolto. Poi però... Notò che Hisaki sembrava davvero star bene. Proprio come prima che loro due litigassero... Sembrava felice.
    Vedendo che sul viso di Satoshi era apparso un sorriso Hisaki restò a fissarlo.
    “Bè... Credo di poterlo accettare” disse il ragazzo dagli occhi argentei.
    Hisaki restò ancora di più a bocca aperta.
    “Ti prego Hisaki... Ti volevo davvero bene! E te ne voglio tuttora... Scusami se sono stato un idiota!”
    Hisaki sentì uno strano sentimento, come un piccolo tonfo al cuore. Avrebbe dovuto perdonarlo? L’aveva fatto star male, era vero... Ma prima di abbandonarlo era stato un suo grande amico. Per diversi anni era stato lui la sua luce. Per qualche minuto ci fu silenzio. Poi Hisaki si avvicinò a Satoshi e lo abbracciò. Akira sorrise.
    “Mi raccomando non stringertelo troppo, io sono geloso sai?” disse in tono scherzoso a Satoshi, quest’ultimo sorrise.
    “Ma soprattutto... Non farlo soffrire ancora o giuro che ti ammazzo” stavolta Akira aveva un sorrisetto minaccioso.
    “Ehm... Non succederà!” rispose Satoshi un po’ intimidito.

    Quel pomeriggio, Hisaki era nel suo studio a lavorare, ma qualcosa gli impediva di farlo: dal salotto arrivavano rumori di mitragliatrici, aerei e versi di mostri inquietanti. Hisaki cercò di concentrarsi tra tutto quel casino ma arrivò ad un limite: uscì dallo studio e andò in salotto, dove Akira e Satoshi stavano giocando con l’x-box.
    “Prendi questo stupido zombie!! Muori!!” disse Akira intento a sparare a tutto spiano.
    “Siete peggio dei bambini!! Potreste gentilmente abbassare un po’?!” disse Hisaki. Akira e Satoshi erano così concentrati da non accorgersi di lui. Hisaki si mise davanti al televisore.
    “Nooooo così morirò!!” disse Satoshi.
    “Vedo che andate d’accordo” il tono di Hisaki era irritato.
    “Bè Satoshi è togo!” disse Akira facendo un mega sorriso. “Ora, per quanto tu sia divinamente bello Hisaki... Potresti levarti?”
    “Finitela di giocare o giuro che vi stacco la spina e potete dire addio al televisore” lo sguardo di Hisaki era diabolico. Akira e Satoshi spensero immediatamente l’x-box.
    “He he... Non essere così cattivo tesorino!” disse Akira.
    “Non mi chiamare così!!” rispose Hisaki. Akira si avvicinò a lui mettendo le mani sui suoi fianchi e lo baciò. Satoshi cercò di guardare altrove: nonostante l’avesse accettato gli faceva ancora strano vedere due ragazzi baciarsi.
    “Non credere di comprarmi coi tuoi baci” disse Hisaki quando Akira si separò da lui.
    “Ah, vuoi di più ora? Hum, sei ingordo eh!!”
    “Ma che... Non intendevo quello!” disse Hisaki irritato: Satoshi vedendolo così rosso in viso scoppiò a ridere.
    “Che hai tu da ridere?!” disse Hisaki.
    “Ahahahah fai troppa tenerezza: hai il tono incazzato ma così rosso in viso non fai paura a nessuno!”
    Hisaki strinse un pugno.
    “Ah no eh?”
    Il ragazzo prese un cuscino e si scaraventò contro a Satoshi buttandolo giù dal divano: teneva il cuscino contro al suo viso mentre quest’ultimo si dimenava sotto di lui cercando di toglierlo dal viso. Quando Hisaki finalmente lo lasciò respirare quest’ultimo fece un respiro profondo.
    “Ok ok mi arrendo!!”
    “Hisaki sembra un santarellino buono e carino... In realtà è un sadico assatanato” disse Akira.
    “Sta zitto tu, maniaco!!” disse Hisaki lanciandogli in faccia il cuscino “Invece di cazzeggiare tutto il giorno potresti trovarti un lavoro!”
    “Ma hai così tanti soldi che potresti smettere di lavorare anche tu! Anzi, perché non lo fai? Così hai più tempo da dedicare a me” disse Akira facendogli gli occhioni dolci.
    “Il mio lavoro mi piace! E poi... Ci tengo alla mia schiena” disse guardandolo di traverso, Akira fece un sorriso malizioso.
    “Coff coff... Io torno a casa!” disse Satoshi alzandosi.
    Quando Akira e Hisaki furono soli quest’ultimo ne approfittò per parlargli.
    “Akira... C’è una cosa che vorrei fare”
    “Disponibile a qualunque cosa, mia signore!” rispose Akira.
    “E’ una cosa seria!!”
    Akira cercò di restare serio.
    “Io... Non posso perdonare Kiroi per ciò che mi ha fatto diventare”
    “Quindi...? Vuoi dirmi che vorresti ucciderlo?”
    Hisaki non rispose. Akira intuì che quel silenzio valeva come un sì.
    “E come pensi di fare contro un mago? L’ultima volta ci ha sistemati senza il minimo sforzo”
    “C’è una cosa che lui non ha... Un motivo per combattere! Lo odiavo già quando ho saputo che lui ha risvegliato quella parte di me facendomi uccidere mio fratello... Ma... Mi ha quasi fatto uccidere anche te! E questa è una cosa che non potrò MAI perdonargli!!”
    Akira appoggiò una mano sul viso di Hisaki e gli sorrise.
    “Qualunque cosa tu decida di fare sarò al tuo fianco... Ma ti prego, non fare cose avventate! Non sopporterei di perderti”
    Hisaki gli sorrise e sfiorò le sue labbra con le dita.
    “Staremo insieme per sempre, te lo prometto”

    Più tardi, i due erano appena usciti dalla cartoleria.
    “Cacchio hai svaligiato la cartoleria!!” disse Akira.
    “Era un po’ che non mi rifornivo”
    “Akiraaaaaaaaaaaaa!”
    I due videro Jin correre verso di loro: il ragazzo buttò le braccia attorno al collo di Akira e gli diede un bacio. Sulle labbra. Hisaki sentì una scossa lungo la schiena.
    “Come stai?” disse Jin separandosi da Akira. Akira era stupito da quel modo di salutare, poi si girò verso Hisaki: chissà se era geloso? Uno come lui non era tipo da mostrare troppo i suoi sentimenti perciò Akira non si illuse. Ma con sua sorpresa vide Hisaki coi pugni stretti e tremanti, gli occhi coperti dai capelli neri.
    “Hey ma mi ascolti?” chiese Jin vedendo che Akira non gli dava minimamente retta.
    “Tu...” disse Hisaki con un tono raggelante: alzò di colpo lo sguardo e nei suoi occhi c’era letteralmente il fuoco. “... Come ti permetti di baciare il MIO ragazzo?!” disse prendendo Jin per il collo della maglia alzandolo da terra. Akira guardò la scena basito.
    “A-a-aspetta... Il tuo cosa?! Ma l’altra volta non ti eri incazzato perché non ti aveva detto che era gay?! E ora saresti il suo fidanzato?”
    “Già... E ti consiglio CALDAMENTE di non baciarlo, sfiorarlo, avvicinarti a meno di un metro da lui... Anzi, non guardarlo nemmeno o giuro che quando avrò finito con te nemmeno tua madre ti riconoscerà!!”
    Jin lo guardava terrorizzato.
    “Okokokok non farò nulla promesso ma ti prego non picchiarmi!!”
    Hisaki lo lasciò di colpo: Jin scappò a gambe levate.
    “Eeeh, certo che sai come occuparti degli ex tu eh?” disse Akira.
    “Da quando gli ex si baciano?!”
    “Ah bo, credo di piacergli ancora, sono stato io a lasciarlo a dire il vero... Comunque non ti facevo così geloso” disse Akira con un sorrisetto sornione.
    “Sappi che finché stai con me... Sei esclusivamente mio: giuro che se le tue labbra toccano quelle di qualcun altro divento pazzo”
    Akira fece un sorriso e mise le mani sul suo fondoschiena tirandolo a sé.
    “Recepito signorino! Sei sexy quando ti arrabbi” disse toccando il naso di Hisaki col suo.
    “Tsk... Sei una piovra”
    “He he lo sai che il tuo fondoschiena è il mio antistress preferito!!” disse Akira palpeggiandolo.
    “HEY! Smettila ci stanno guardando tutti!” disse Hisaki allontanandolo da sé arrossendo.
    “E con ciò? Saranno invidiosi perché siamo una coppia di fighi sexy e intelligenti!”
    Hisaki lo guardò alzando un sopracciglio.
    “Tu sei pazzo”
    “Sì... Pazzo di te!” disse Akira prendendolo in spalla.
    “C...! Mettimi giù sono capace di camminare!!”
    “Lo so ma mi piace portarti in giro così tesoruccio ♥“
    “E non chiamarmi così!” disse Hisaki dimenandosi. Akira scoppiò a ridere.

    Quella sera, quando Hisaki finì finalmente di lavorare si mise in salotto a guardare la tv con Akira.
    “Hisaki non sei stanco di lavorare sempre fino a tardi?”
    “Il mio lavoro mi piace... Anche se ammetto che la stanchezza si fa sentire”
    Akira lo guardò: avrebbe tanto voluto avere anche lui una passione come quella di Hisaki. Amare qualcosa così tanto da metterci anima e corpo. La sua unica passione... Era Hisaki. Nel tempo in cui Akira si era perso a pensare Hisaki si era addormentato sulla sua spalla. Era davvero dolcissimo, quando dormiva sembrava un bambino indifeso. Akira sorrise e gli accarezzò delicatamente una guancia, poi lo prese in braccio facendo attenzione a non svegliarlo e lo portò a letto. Mentre Hisaki era nel mondo dei sogni Akira ne approfittò per fare un giro nel suo studio. Era pieno di bozzetti ovunque, ma al ragazzo saltò all’occhio un foglio appeso alla parete: sembrava proprio un suo ritratto. Akira si avvicinò per esaminare il disegno da vicino, si rese conto che Hisaki aveva disegnato proprio lui e gli sfuggì un sorriso.
    “Allora mi pensa anche mentre lavora” pensò fra sé e sé soddisfatto. Poi guardò le matite appoggiate sul tavolo e gli passò per la testa un’idea malsana...

    Il giorno dopo, quando Hisaki andò nel suo studio trovò un piccolo fascicolo sulla scrivania.
    “Che diavolo è questa roba?” si chiese. Non ricordava di aver lasciato lì nulla del genere. Lo prese in mano: in copertina c’erano due maialini coi capelli: le acconciature ricordavano vagamente la sua e quella di Akira. Il titolo era “Porseeti (= porcellini nel mio dialetto xD nda) scatenati”. Hisaki restò a fissare quella roba assurda sconvolto. Era senza dubbio opera di Akira: non aveva nemmeno il coraggio di vedere cosa c’era dentro, di sicuro qualcosa di insensato o osceno.
    Hisaki sfogliò il fascicolo: i due maialini andavano al cinema assieme, al luna park, insomma... Facevano esattamente tutte le cose che anche Akira e Hisaki avevano fatto. Ad Hisaki sfuggì un sorriso, nonostante i disegni quel fascicolo gli ricordava tutti gli splendidi momenti passati con Akira. Quando arrivò all’ultima pagina però il sorrise scomparve: chiuse di colpo il fascicolo e andò a cercare Akira.
    “AKIRA! Che diavolo è sta roba?!” disse sbattendogli in faccia il fascicolo.
    “Oh ti è piaciuto?” disse Akira felice.
    “Prima cosa... Perché siamo due maiali?”
    “Perché non sono capace di disegnare i corpi umani... He he non è che ti metteresti in posa per me uno di questi giorni? Tipo Rose quando si fa ritrarre da Jack in Titanic”
    “... Il maiale effettivamente ti rispecchia benissimo!”
    “Bè, quando ti scateni lo diventi anche tu, anzi sei perfino peggio di me!” disse Akira con un sorriso sornione.
    “Ma che...! Io per lo meno non disegno cose oscene come l’ultima pagina del tuo fascicolo!”
    “Bè ci avevo messo tutto quello che abbiamo fatto quindi non poteva mancare la scena della vasca”
    Hisaki portò una mano al viso: era inutile arrabbiarsi con Akira, tanto non avrebbe mai capito.
    “Comunque, ho visto il mio ritratto nel tuo studio!” disse Akira con un mega sorriso.
    “E-ehm... Bè... Non sapevo cosa fare” borbottò Hisaki imbarazzato.
    “Sono felice che tu pensi a me anche mentre lavori!” disse Akira con tanti cuoricini attorno. Hisaki chiuse gli occhi arrossendo ancora di più.
    “Non è che disegneresti anche me e te assieme? A te sicuramente uscirebbe meglio l’ultima pagina del mio fascicolo” continuò Akira.
    “IO NON DISEGNO QUELLA ROBA LI’!” gli sbraitò contro Hisaki.
    “Bè potresti cominciare, lo yaoi va di moda sai?” disse Akira con la sua solita tranquillità.
    Hisaki si limitò a sospirare.
    “Sei un caso perso... Io vado in doccia”
    “Posso venire?”
    “NO!” fu la risposta secca di Hisaki. Akira si mise in un angolino rabbuiandosi ma Hisaki lo ignorò completamente.

     
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  12. Burupya
     
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    Capitolo 9 - Una nuova vita

    Quella sera, quando Hisaki uscì dallo studio per cena trovò una sorpresa: appena fuori dalla porta, a terra, c’era una rosa rossa. Hisaki la raccolse annusandone il profumo: chi ce l’aveva messa? Akira? Non era da lui far cose così romantiche. Il ragazzo andò in sala da pranzo e quello che si trovò davanti lo fece restare a bocca aperta dallo stupore: la stanza era illuminata dalla flebile luce delle candele sparse qua e là, sul tavolo erano sparsi dei petali di rosa. Di fianco al tavolo, in piedi, c’era Akira. Con addosso dei pantaloni bianchi e una camicia blu. Era la prima volta che Hisaki lo vedeva vestito così... Ed era mozzafiato. Le maglie larghissime e i jeans che indossava di solito non gli rendevano giustizia. Akira gli sorrise.
    “Ben arrivato signorino Hisaki, sarai stanco dopo aver lavorato così tanto!”
    Hisaki non riusciva a dire una parola. Erano poche le cose che l’avevano stupito nella vita. Quella era una di esse. Akira gli si avvicinò e gli diede un bacio sulla guancia.
    “Sono così affascinante da lasciarti senza parole?”
    Hisaki restò in silenzio qualche secondo, poi finalmente parlò.
    “In effetti, lo sei” gli disse guardandolo negli occhi. Quello sguardo era davvero stupendo, i suoi occhi rossi che brillavano riflettendo la luce del fuoco erano più belli del solito.
    “Per una volta mi sento io fuori luogo ad essere vestito così” aggiunse Hisaki sorridendo.
    “Ma tu sei sempre bellissimo qualunque cosa tu abbia addosso... E ancora meglio senza niente”
    Hisaki gli diede un piccolo pugno sul petto.
    “Hum, hai resistito due minuti senza dire sconcerie, è un record!”
    “Scusa, ma queste frasi mi vengono dal cuore guardandoti”
    “Scemo!” gli disse Hisaki sfiorandogli le labbra con le dita.
    I due cenarono assieme al lume di candela, dopodiché uscirono in terrazzo. Hisaki era seduto sulle gambe di Akira con la testa nell’incavo del suo collo. Era insolito per lui stare così, solitamente non si lasciava andare a gesti troppo affettuosi. Ma quella sera stare in quel modo, sentendo il cuore di Akira battere, a guardare le stelle... Era bellissimo.
    Akira ne approfittava per coccolarlo un po’: con una mano gli accarezzava i capelli, l’altra era stretta a quella di Hisaki.
    “Guarda, una stella cadente!” disse Akira “Hisaki toglimi una curiosità... Qual è il tuo desiderio più grande?”
    “Se te lo dico poi non si avvera, no?”
    “Daiiii non fare il prezioso come al solito!”
    Hisaki sorrise.
    “Ok ok... Il mio desiderio... E’ dare tutto quello che posso alla persona per me più importante!”
    Akira restò perplesso per un po’, poi il suo viso si illuminò.
    “Cioè a me?”
    “No, a mio nonno! Ma che cacchio di domande fai scemo?!” Hisaki gli disse queste parole con un leggero sorriso sulle labbra “Piuttosto, perché tutto questo romanticismo stasera?”
    “Così, tu hai fatto tanto per me... E per una volta volevo essere io a lasciarti senza parole”
    Hisaki restò a bocca aperta per qualche secondo, poi lo baciò dolcemente. Quando si separarono Akira appoggiò la fronte alla sua.
    “Hisaki... Sei ancora dell’idea di andare ad uccidere Kiroi?”
    “Io... Non posso perdonarlo per quello che mi ha fatto... D’altra parte però... Temo che trovandomelo di fronte riesca a plagiarmi ancora...! In fondo il sigillo non c’è più”
    “Non ti voglio perdere” disse Akira triste.
    Hisaki restò in silenzio per qualche secondo.
    “Non mi perderai mai Akira, il mio cuore ti appartiene... E sarà tuo per sempre”
    Akira lo fissò negli occhi, poi gli sorrise.

    Il giorno dopo, quando Hisaki si svegliò e allungò un braccio vicino a sé trovò il letto vuoto. Aprì di colpo gli occhi: Akira non c’era. Hisaki si alzò e si vestì, poi lo cercò per tutta la villa senza trovarlo.
    “Sai dov’è andato Akira?” chiese vedendo il maggiordomo.
    “E’ uscito senza dire dove andava, ma mi ha chiesto di darle questo” disse porgendogli un biglietto.
    Hisaki lo prese e lesse: c’erano solo quattro parole.
    “Ricordati la mia promessa”
    Hisaki restò perplesso. Che voleva dire...? La sua promessa...
    “Ti prometto che io non ti abbandonerò mai!”
    Hisaki la ricordava alla perfezione. Ma ancora non capiva il perché di quelle parole. Poi ricordò la domanda che gli aveva fatto Akira la sera prima. Ricordò anche che non molto tempo fa Akira gli aveva chiesto dove si nascondeva Kiroi. Quel giorno Hisaki pensava fosse semplicemente una sua curiosità, ma ora finalmente capì. Scattò verso il garage correndo a più non posso e inforcò una delle sue moto uscendo a tutto gas: corse per le strade ignorando qualsiasi precedenza, sentiva il cuore in gola e la vista offuscata dalle lacrime. Erano lacrime di paura. Paura di perdere la cosa più importante che aveva. Quando arrivò al castello di Kiroi, in mezzo alla foresta, entrò correndo. Percorse il lungo corridoio d’entrata e arrivò finalmente al salone centrale. Appena entrò l’odore del sangue gli penetrò nelle narici dandogli un senso di nausea. Vide Kiroi a terra, in una pozza di sangue. A pochi passi da lui... C’era Akira. Era di spalle, in mano aveva una katana.
    “A... Akira...!” disse Hisaki con voce tremante.
    Akira si girò verso di lui: in quel momento Hisaki vide che quello che Akira aveva addosso non era solo il sangue di Kiroi. C’era anche il suo sangue. Sul suo petto c’era una ferita. Akira gli abbozzò un sorriso poco prima di cadere a terra.
    “AKIRA!” urlò Hisaki scattando verso di lui: gli si inginocchiò di fianco tenendo il suo busto fra le braccia.
    “Akira che diavolo hai fatto?! Non dovevi venire qui!! Non dovevi!!” sul viso di Hisaki scendevano fiumi di lacrime. La sua voce tremava. Il suo cuore batteva all’impazzata.
    “Hisaki... Mi dispiace” Akira parlava con un filo di voce “Sai una cosa? Condividiamo lo stesso desiderio... Anche il mio era quello di dare tutto ciò che potevo alla persona per me importante... A te, Hisaki... Per questo sono venuto qui... Ora hai anche la libertà! Non devi più temere la tua parte malvagia... Puoi vivere sereno”
    “Che stai dicendo?! Come posso vivere sereno se non ci sei tu?! AKIRA! Non azzardarti a morire!”
    “Scusami, ti faccio arrabbiare fino alla fine” disse Akira con un sorriso mentre alzava la mano tremante fino a toccare il viso di Hisaki “Sappi che ti amo più di qualsiasi altra cosa al mondo... Sei stato la cosa più bella che potesse capitarmi”
    Akira allungò il viso verso quello di Hisaki: le loro labbra si stavano per sfiorare quando la mano di Akira scivolò giù dalla guancia di Hisaki cadendo a terra e la sua testa cadde all’indietro. Hisaki sgranò gli occhi. Non poteva crederci. Non voleva crederci.
    Akira gli aveva dato tutto.
    Il sorriso.
    La fiducia.
    Il suo cuore.
    Il suo corpo.
    E ora anche la sua vita.
    Era stato la sua luce nel baratro buio. Gli aveva fatto battere il cuore dopo tanto tempo. Gli aveva fatto sperare che in quel mondo ci fosse ancora qualcosa per cui valeva la pena lottare. E ora era lì. Tra le sue braccia, immobile. Senza vita. Hisaki lanciò un urlo così straziante che echeggiò per tutta la stanza facendo tremare i vetri. Poi abbandonò la testa sul petto senza vita di Akira singhiozzando. Si sentiva morto anche lui, avrebbe voluto strapparsi il cuore dal petto per non sentire più quel dolore che lo lacerava dentro. Nella sua testa riecheggiavano quelle parole
    “Ti prometto che io non ti abbandonerò mai!”
    Eppure ora si sentiva più solo che mai.
    Niente avrebbe mai riempito il vuoto che Akira gli aveva lasciato.

    Nei giorni seguenti, Hisaki passò il tempo chiuso nel suo studio. Per tutto il giorno non faceva altro: non riusciva a mangiare, vedere il posto di Akira vuoto lo faceva stare troppo male; e non riusciva nemmeno a dormire, gli mancava il caldo abbraccio del ragazzo che amava. L’unico motivo per cui non aveva abbandonato anche il suo lavoro era perché sapeva che Akira adorava leggere il suo manga. Lo continuava solo per lui, anche se sapeva benissimo che non avrebbe mai potuto vedere la fine.
    Un giorno il suo sguardo si posò sul fascicolo che aveva disegnato Akira, i suoi occhi divennero lucidi. Hisaki posò di colpo la matita e si alzò: aveva bisogno di uscire, quella casa era troppo piena di ricordi, ogni angolo di essa gli ricordava Akira e non riusciva più a sopportare il peso che portava nel cuore.
    Mentre camminava a testa bassa per la strada il suo sguardò si posò su un bar: quello in cui aveva mangiato il gelato con Akira, lo stesso dove aveva rivisto anche Kiroi. Per quanto cercasse di fuggire dai suoi ricordi, gli era impossibile. Sapeva benissimo che quel dolore era inevitabile e sarebbe durato per sempre. Hisaki sospirò rassegnato ed entrò nel bar: si sedette allo stesso tavolo in cui era stato con Akira, fissando la sedia vuota di fronte a sé: nei suoi ricordi rivedeva quel sorriso che illuminava le sue giornate e che ora non c’era più. Hisaki chiuse gli occhi cercando di trattenere le lacrime.
    “Scusi se la disturbo, mi è stato chiesto di darle questo”
    Hisaki riaprì gli occhi: la voce era quella di uno dei camerieri.
    “Grazie” disse il ragazzo prendendo la busta che gli stava porgendo. Dentro c’era un bigliettino
    “Ti avevo promesso che non ti avrei mai abbandonato...”
    Hisaki restò di sasso. Solo lui ed Akira sapevano di quella promessa. Cosa diavolo significava quel bigliettino?! La scrittura sembrava quella di Akira, eppure non poteva essere... Akira era morto fra le sue braccia, lo ricordava come fosse ieri.
    All’improvviso sentì qualcuno coprirgli gli occhi e sobbalzò. Sentì un respiro caldo sul collo e poi delle parole sussurrate...
    “Ti sono mancato...?”
    Hisaki sentì il cuore accelerare all’impazzata. Quella voce...
    Il ragazzo portò le mani tremanti su quelle che gli coprivano gli occhi togliendole lentamente: aveva paura a girarsi... Paura che le sue speranze venissero infrante. Alla fine trovò il coraggio: aprì gli occhi volgendo lo sguardo: davanti a sé quegli occhi verdi e quei splendenti capelli biondi. Il viso che tanto amava.
    “A... A... Akira...!” la sua voce tremava. Non poteva credere ai suoi occhi. Poi ci pensò un attimo: non poteva essere davvero Akira... Quella volta, al castello, il suo cuore non batteva più, ne era certo...
    “Oddio sto diventando pazzo...” sussurrò pensando che quella fosse solo un’allucinazione.
    “Ma che stai dicendo?” gli chiese Akira perplesso. Poi intuì ciò che Hisaki pensava.
    “Hey, sono vero! Sono proprio io, in carne ed ossa! Non ci credi? Guarda” Akira fermò un cameriere ordinando un gelato.
    Hisaki guardò la scena senza parole. Se anche il cameriere poteva vederlo e sentirlo... Non poteva essere solo frutto della sua pazzia. Hisaki scattò in piedi e buttò le braccia attorno al collo di Akira saltandogli in braccio: si era avvinghiato a lui intrecciando le gambe dietro al suo bacino e lo stringeva così forte da togliergli quasi il fiato.
    “Hi-Hisaki!” disse Akira stupito.
    “Akira... Tu... Non hai idea... Dell’inferno che ho passato...!” disse Hisaki tra un singhiozzo e l’altro. Akira sentiva le sue lacrime scendere sul proprio collo. Per un attimo cercò di immaginare come sarebbe stata la sua vita senza Hisaki... E capì come doveva essersi sentito il suo amato dopo la sua morte. Akira lo strinse a sé ignorando tutti gli occhi che erano puntati su di loro.
    “... Scusami” gli sussurrò appoggiando la fronte sui suoi capelli.
    Ci volle un bel po’ prima che Hisaki si calmasse, quando lo fece i due si sedettero al tavolo uno di fianco all’altro: Hisaki teneva stretta una mano di Akira come avesse paura di perderlo ancora.
    “Se non eri morto... Dove sei stato tutto questo tempo?” gli chiese infine Hisaki. Prima era stato così preso dalla gioia di rivederlo da non pensarci.
    “A dire il vero... Ero davvero morto” disse Akira. Hisaki restò basito. Ma che diamine stava dicendo?!
    “E’... Impossibile!!”
    “Hai vissuto fin da piccolo in un mondo con maghi che volano, parti malvagie che si risvegliano all’improvviso, sigilli e cose varie... E ora non credi a una cosa del genere?!” rispose Akira.
    Hisaki ci pensò un attimo. In effetti il discorso di Akira aveva senso.
    “Mi sono svegliato all’improvviso poche ore fa... A essere sincero non so nemmeno io il perché sono tornato in vita... Forse uccidere un mago ti dona l’immortalità?!” disse Akira sorridendo.
    “Qualunque sia il motivo...” disse Hisaki portando la mano di Akira alla propria guancia “... Grazie a Dio sei qui...”
    Akira usò l’altra mano per scompigliargli i capelli.
    “Sono felice anch’io di rivederti, Hisaki”
    I due restarono fermi in quel modo per qualche minuto, quando all’improvviso lo stomaco di Hisaki brontolò: Akira lo guardò e gli sfuggì una piccola risata, poi però ripensò a quando aveva abbracciato Hisaki... Era più magro del solito.
    “Hisaki... Hai mangiato in questi giorni...?”
    “Ehm...” Hisaki evitò lo sguardo di Akira. Akira mise le mani sulle sue spalle scuotendolo.
    “Sei fuori di testa?! Devi mangiare per sopravvivere diamine!”
    “Io... Non avevo fame” disse Hisaki con lo sguardo basso.
    “Dobbiamo rimediare subito!!”
    Poco dopo il tavolo era pieno di cose da mangiare.
    “Akira... Non pensi di aver esagerato un po’...?” chiese Hisaki fissando tutti i piatti davanti a sé.
    “Giuro che non ci muoviamo da qui finché non hai mangiato fino all’ultima briciola!” il tono di Akira era categorico. Hisaki fece un leggero sorriso. Era felice che si preoccupasse per lui. Ed era felice di averlo di nuovo accanto. Di poter vedere ancora quel sorriso che dava senso alle sue giornate.

    Quando rientrarono alla villa andarono nella loro camera: appena ebbe chiuso la porta Hisaki prese il viso di Akira fra le mani e lo baciò con tutta la passione che aveva in corpo: lo fece arretrare fino a farlo cadere sul letto e si sedette sul suo torace senza rompere quel bacio: Akira inizialmente si stupì dell’impeto di Hisaki, non era da lui... Ma poi affondò una mano tra i capelli corvini del ragazzo abbandonandosi a quelle sensazioni che solo lui gli sapeva dare.
    Quando le loro labbra si separarono i due si fissarono negli occhi.
    “Da dove ti è venuta tutta questa passione Hisaki? E’ successo qualcosa mentre io ero morto?” chiese Akira sorridendo.
    “Cerco solo di evitare che ti venga di nuovo l’idea di farti ammazzare”
    Akira fece una leggera risata.
    “Sai che invece pensavo che dovrei morire più spesso se poi la ricompensa è questa?”
    Hisaki lo fulminò con lo sguardo.
    “Non azzardarti nemmeno!!”
    Akira sorrise e posò una mano sul suo viso.
    “Stavo scherzando! D’ora in poi niente ci separerà, nemmeno la morte! Staremo insieme... Per sempre!”



    FINE

    Questa non è esattamente la fine in realtà, ci sono altre due storie che fanno da sequel a questa... Se qualcuno fosse interessato le trova su EFP ^^
     
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11 replies since 21/10/2013, 18:51   155 views
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