Intervista a Lady1990

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  1. cimini89
     
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    Autrice di racconti Yaoi sul sito EFP, Lady risponde alle domande di Giusy Viro...Buona lettura!

    Domanda: Ciao Lady1990; grazie per aver accettato di rispondere alle nostre domande. Ho letto le tue storie sul sito Efp e noto che sei molto seguita. Che effetto ti fa avere un seguito di fans?

    Risposta: A dire il vero, all'inizio non pensavo di riscuotere così tanto successo, è stato assolutamente inaspettato. Mi sono sempre considerata una dilettante, modesta persino, e mai avrei creduto di riuscire ad appassionare un grandissimo numero di persone.
    La prima storia che ho pubblicato è stata “Feel me through the rain” e, come scrissi nelle note a suo tempo, mi fu ispirata da una cara amica. Non avevo intenzione di lanciarmi con quella, era piuttosto un modo per esprimere e buttar fuori le emozioni che provavo, ma poi quell'amica mi ha incoraggiata a farlo. È tuttora un racconto che mi trasmette parecchio, forse perché conosco il background che c'è dietro, ma lo ritengo un esperimento riuscito. Poco dopo sono arrivate le recensioni, prima quelle delle mie amiche poi di altri lettori, i primissimi fan, e sono rimasta scioccata, sul serio! In senso positivo, ovviamente. Pensavo di dover faticare di più per riuscire a coinvolgere le persone, invece hanno continuato a lievitare e gli apprezzamenti sono arrivati a valanghe. Ricordo di essere rimasta a bocca aperta per un bel po'! Insomma, non mi reputo una scrittrice, lo faccio solo nel tempo libero, quindi notare tutto quel seguito... mi ha spiazzata!
    Così ho preso il via e ho continuato a scrivere altro, anche storie che non ho mai pubblicato, solo per il gusto di vedere i personaggi che popolano la mia immaginazione prendere vita dinanzi ai miei occhi. Questa è già una cosa che mi appaga moltissimo, però ammetto che ricevere pareri esterni è sempre utile per migliorare.
    Ancora oggi, a più di un anno dal mio debutto, ringrazio i miei fan e il loro supporto, perché sono stati anche loro, con i commenti e i consigli, ad aiutarmi a crescere nella mente e nello stile.

    D: Le tue storie sono molto ben articolate e hanno una complessità narrativa notevole; da dove trai spunto per creare gli intrecci?

    R: Da dove nascono le mie storie? Dalla musica, principalmente.
    Oppure, talvolta scaturiscono dalla contemplazione di un'immagine che mi ispira, un quadro, una foto o anche una persona reale, con la quale non devo avere necessariamente un'interazione di qualche tipo. Mi è sufficiente un'occhiata e la storia prende vita. Ma la mia vera musa è la musica, quella classica e quella dei film (un particolare accenno vorrei farlo alle sinfonie epiche di "Two steps from hell", che mi hanno aiutata sensibilmente). Solo ascoltando determinate note la mia fantasia comincia a galoppare. In pochi minuti posso creare vere e proprie epopee, che possono tenermi avvinta per giorni oppure sfumare in un paio d'ore, ed è allora che devo assolutamente avere un blocco o un computer sotto mano per buttare giù le idee e un abbozzo di trama. “All I can do is try”, come pure le altre storie, è nata così.
    Gli intrecci si delineano a seconda del tipo di musica che ascolto e, chiaramente, del mio umore del momento. E un pizzico di fantasia, che non deve mai mancare.

    D: Più che fan fiction le tue sono veri e propri romanzi. Hai mai inviato un tuo lavoro a qualche casa editrice?

    R: Oddio, se qualcuno definisce romanzi le mie storie mi sento incredibilmente lusingata, ma anche sopravvalutata. Lo dico perché mi paragono sempre ai miei scrittori preferiti e in confronto a loro mi sembra di essere assai inferiore e affatto degna di riconoscimento. Questo è uno dei motivi per cui non ho mai osato mettere piede in una casa editrice con qualcosa di mio, la mia autostima scarseggia nonostante gli apprezzamenti; l'altro è la timidezza, che mi coglie quando devo far giudicare a qualcuno una mia opera, di qualunque tipo. Di solito sono una persona spigliata e non priva di faccia tosta, eppure al solo pensiero di pubblicare veramente, di vedere la storia stampata in un vero libro smetto di respirare.
    Concordo che è strano, perché non mi vergogno a pubblicare online, però è un concetto diverso, non so come spiegarlo.
    Forse un giorno, quando e se troverò il coraggio, affronterò un editore. Fino ad allora, mi divertirò e basta, ah ah!

    D: Dal tuo nick, si nota che sei molto giovane; da quanto tempo scrivi?

    R: Ho ventitré anni, sono giovanissima, sì. Scrivo da quando ero alle elementari, anche se all'epoca non creavo certo capolavori. Mi piaceva scrivere poesie o racconti strani, nonsense, ma più di ogni altra cosa adoravo leggere, amavo le storie di mistero e di creature magiche, con sirene, fantasmi, demoni e stregoni. È un mio fetish, lo ammetto.
    Ho sempre avuto la passione della lettura e negli anni successivi ho letteralmente fatto esplodere la mia libreria, tant'è che ho dovuto comprarne una mooolto più grande.
    La scrittura come hobby è venuta gradualmente. All'inizio faticavo enormemente a stare dietro alla mia immaginazione, che correva troppo rapida perché facessi in tempo a digitare le frasi sul documento di testo. Avrei preferito trasporre le storie in un film, perché così io le vedevo, e perché parlare per immagini è più facile che tradurre il tutto a parole, più veloce. È stato difficile accomodare la fantasia al limitato movimento delle dita sulla tastiera, ho dovuto impormi lentezza, ma lì per lì dimenticavo le idee e l'ispirazione svaniva in pochi minuti. Con anni di allenamento e tanta buona volontà però ce l'ho fatta e ora dita e cervello vanno di pari passo.

    D: Scrivi solo racconti a tematica M/M?

    R: Prevalentemente sì, anche se conservo ancora dei racconti con una protagonista femminile, una me stessa di circa sette-otto anni fa. Però mi piace più narrare storie omoerotiche, e non perché io sia una persona “deviata”, come alcuni mi hanno accusata di essere. Coloro che condividono questa passione sapranno di cosa parlo, soprattutto mi riferisco alle donne che scrivono storie di omosessuali.
    Io scrivo di uomini perché AMO gli uomini. Mi intrigano, la loro dimensione è tutta da esplorare e cercando di immedesimarmi in personaggi maschili mi sento in qualche modo più vicina al loro mondo.
    A volte mi è capitato di pensare che avrei preferito essere nata uomo, che forse in una vita precedente ero davvero un uomo; che forse, pur essendo uomo, ero attratto dagli uomini e quindi ecco spiegata la mia fissazione per l'universo gay (viaggi mentali assurdi, sì).
    Non esiste una ragione precisa per cui mi diverto a scrivere di queste tematiche. Appunto, è divertente!
    Ma il tutto si riduce ad una questione molto più semplice e banale, a mio avviso: mi immedesimo meglio in un maschio che in una femmina. Però rimango una femmina attratta dai maschi, quindi traspongo la mia eterosessualità (femminile, perciò rivolta agli uomini) in un corpo virile e viene fuori un uomo con la mia personalità attratto da altri maschi. E' un ragionamento astruso, ma mi sono psicanalizzata spesso... sono da ricovero.
    Quindi scrivo di uomini gay! E la cosa mi esalta parecchio, confesso.

    D: Cosa fai nella vita di tutti i giorni?

    R: Studio lingue all'università. Ho pure in progetto di studiare per diventare interprete e/o traduttrice. Le lingue sono un'altra mia grande passione e per fortuna le imparo velocemente.
    Poi ho frequentato per tre anni la Scuola Comix e l'anno scorso mi sono iscritta per altri tre ad un corso di pittura. Amo dipingere e disegnare, e alla fine del percorso dovrei ottenere una specie di certificato che mi permetterà di insegnare, così se voglio posso aprire uno studio mio.
    Nel tempo libero scrivo e prendo lezioni di pianoforte, ma nulla di serio, e in quello rimanente porto a spasso i miei cani. Le mie giornate sono sempre molto piene.

    D: Tornando ai tuoi lavori, All I can do is try è il tuo racconto che io personalmente definisco un piccolo gioiello; per la complessità della storia, i personaggi molto reali e non ultimo l’intreccio.
    I protagonisti, in particolare Raphael, mi ha molto colpito.
    Come è nata questa storia e come sei riuscita ad assemblare ogni singolo personaggio?


    R: È difficile rispondere a questa domanda, perché di cose da dire ne ho parecchie.
    Innanzitutto, prima della storia, è nato il personaggio di Raphael. Stavo ascoltando una musica malinconica, un'opera per pianoforte di Bach, e lui è comparso da sé, con tutto il bagaglio di emozioni. Non avevo in mente di scriverci un racconto, ho solo cominciato a buttare giù una bozza, che poi è divenuta il primo capitolo della long. Via via che ci rimuginavo sopra, è saltato fuori Alan, seguito subito dagli altri personaggi, e la trama si è definita senza particolari sforzi.
    Ogni personaggio che compare è una parte di me, del mio carattere, e non è stato complicato gestirli tutti: Raphael è il mio io malinconico, Alan il mio io frizzante, Harey il mio io sbruffone, Dorian il mio io serio e meticoloso, Jason il mio io fragile e Dominic il mio io passionale. Tuttavia, tutti loro possiedono tante altre sfaccettature, pregi e difetti che li rendono “reali”, tutt'altro che perfetti. Ognuno di loro cresce durante la storia, cambia e si migliora, esattamente come anch'io sto continuando a crescere e migliorarmi.
    Dato che sono una lettrice accanita, immaginarmi reazioni e sentimenti in particolari situazioni mi viene abbastanza facile: per esempio, non ho mai subito uno stupro (per fortuna!), non sono mai stata la ruota di scorta di qualcuno che amavo né mi sono mai annientata veramente per amore, perché ho sempre preferito mantenere la mia autonomia, l'indipendenza e l'equilibrio interiore invece che sottomettermi. Sono una ragazza indomita, diciamo. Ma soprattutto, non ho mai perso qualcuno di caro, tutti i miei affetti sono ancora vivi e vegeti! Però spesso mi domandavo cosa avrei provato se il presunto “amore della mia vita” fosse morto... ed ecco la triste vicenda di Raphael.
    Mi sono sempre interessata alla psicologia, mi piace indagare l'animo umano e fantasticare in generale su cosa proverei se sperimentassi taluni eventi, come mi comporterei, cosa farei e a seconda delle risposte che mi do faccio agire i personaggi, proprio come se fossi io a vivere al loro posto. E in fondo è quello a cui anela segretamente ogni scrittore: vivere attraverso i personaggi a cui dà vita, magari mirabolanti avventure o amori straordinari.
    Sono una sognatrice e non penso che cambierò mai.

    D: Sei legata a qualche tuo racconto in particolare?

    R: Beh, “All I can do is try” è certamente una storia a cui mi sono molto affezionata, in cui ho riversato quasi tutto di me, però sono legata anche a “Feel me through the rain”.

    D: Come ti sei avvicinata a questo genere letterario?

    R: Avevo quindici anni e per caso, mentre mi annoiavo su internet, scoprii un sito di storie a tematica omoerotica, che purtroppo chiuse l'anno successivo. Quando lessi la prima storia, avvertii le porte di un mondo ignoto e dalle mille possibilità spalancarsi davanti a me. Fu come una rivelazione mistica, un battesimo! Da quel momento ho cercato siti con altri racconti simili e infine, a diciassette anni, sono approdata su EFP, dapprima solo come lettrice, poi due anni dopo mi sono registrata e mi sono presentata al popolo del sito anche come autrice.

    D: Cosa deve avere un racconto per colpire un lettore e spingere a seguirne l’autore?

    R: Arduo rispondere. Dipende dai gusti, suppongo, però su una cosa sono sicura: l'autore deve saper creare un protagonista in cui il lettore riesca ad immedesimarsi alla perfezione. È complicato, perché la varietà di lettori è infinita e ognuno ricerca un personaggio particolare, simile a loro, quindi è impossibile venire incontro alle esigenze di tutti, anche se uno può tentare di avvicinarsi.
    Secondo, non meno importante, la trama: una trama che sappia tenere avvinto il lettore fino alla fine.
    Il nemico principale di un autore è la noia. Se riesce a trasmettere emozioni, siano esse di felicità, tristezza, odio, amore, rancore, malinconia, euforia ecc. e se riesce a scatenare quelle emozioni, magari con una risata o una lacrima, allora ha raggiunto il suo obiettivo. Se tutti i tuoi lettori si annoiano a leggere, per vari motivi, allora vuol dire che manca qualcosa, che manca la passione.
    Senza passione, intesa come manifestazione concreta dell'entusiasmo che l'autore ha impiegato nello scrivere (nessun richiamo erotico), non può esistere una vera storia. Attraverso le frasi, le scene, l'intreccio, si deve percepire bene tale passione. Uno può narrare anche un episodio banale, ma se lo fa con passione di sicuro riuscirà a trasmetterlo a qualcun altro.

    D: Perché in alcune tue storie c’è tanta tristezza?

    R: Uh, che dire? Quando in una mia storia ci si imbatte in una parte triste, è perché nel momento in cui la stavo scrivendo ero dell'umore perfetto per scrivere cose tristi, magari con in sottofondo la musica giusta.
    Per spiegare meglio, non sono in grado di scrivere cose allegre se sono triste, anzi cavalco il mio stato d'animo. Nella vita reale non mi capita spesso di essere abbattuta, quindi gli episodi narrati non si ricollegano necessariamente a episodi reali, ma sono una persona in generale molto emotiva e faccio di questa mia caratteristica un'arma di cui mi servo per scrivere e per dipingere. In ogni forma d'arte tutti i sentimenti rappresentano il fulcro, la base da cui partire per creare qualcosa di “bello” e quante volte mi sono trovava davanti a un libro o un quadro che mi ha commossa fino alle lacrime? Tante.
    Per cui, approfittando dell'umore, ho cercato di trasmetterlo su “carta” al prossimo, perché lo scopo di un autore è anche condividere qualcosa di suo con gli altri, spesso un'emozione, a volte uno scorcio di vita vissuta. Ho sempre desiderato “emozionare” qualcuno con qualcosa di mio, di trascinarlo a forza nel mio mondo e costringerlo a guardare e “sentire” con me.
    Alcune storie, mi riferisco specialmente a “Feel me through the rain”, nascono per essere tristi perché la tristezza è il presupposto della loro esistenza. Se non fossero tristi, perderebbero qualcosa di fondamentale, a mio parere.

    D: Scrivi sia storie fantasy che no, dove prendi ispirazione per esse?

    R: Oh, le storie fantasy sono quelle che mi riescono meglio! Perché posso sbizzarrirmi senza preoccuparmi che qualcosa possa risultare “impossibile” o “assurdo”. Ho molta fantasia e per di più adoro l'universo fantasy e i suoi personaggi, e la musica che ascolto non fa che alimentare questa passione. Ho letto, e leggo ancora, tanti libri di questo genere e ogni volta me ne innamoro di nuovo, non mi stanca mai.
    Come ho già detto, sono una sognatrice e mi viene particolarmente bene calarmi in quei mondi paralleli dove esistono fate, elfi, spiriti e creature bizzarre, nonché la magia. Credo che sia proprio perché nella mia vita di comune studentessa universitaria manca l'avventura e la magia che mi piace leggere e scrivere di questi argomenti. Per sfuggire alla monotonia e immergermi in una dimensione dove posso trasformarmi in uno stregone, un guerriero formidabile, un drago, un elfo, una sirena e liberarmi dalle catene della materialità.
    Inoltre, è un genere letterario che riscuote molto successo, basti vedere nell'ultimo decennio quanto sono diventati celebri Harry Potter o Il Signore degli Anelli, e sono convinta che continuerà ad attirare molte persone, chi più chi meno.
    Scrivere fantasy per me è un ottimo rimedio per sconfiggere la noia della routine ed è sempre una gioia immensa. Con questo non intendo che disdegno scrivere o leggere di gente normale, “All I can do is try” ne è una prova tangibile, però... la magia ha il suo fascino per me, accende le tinte grigiastre e opache della mia vita, un po' come la spolverata di peperoncino e spezie che si mette nel cibo per conferirgli più sapore.

    D: Di te sappiamo che ami scrivere e ti firmi Lady1990, ma in realtà chi è Lady?

    R: Lady è una ragazza di soli ventitré anni che ha ancora molto da imparare sulla vita. È ancora in fase di crescita e di esperienze ne ha vissute poche, anche se conta di realizzare grandi cose nel suo futuro.
    Lady si chiama Giulia, ma di Giulie ce ne sono così tante che persino il suo nome è diventato banale, quindi si fa chiamare con un soprannome altrettanto anonimo che però la fa sentire speciale, quasi come se avesse una doppia vita. È una sorta di trasgressione segreta, ah ah!
    Lady desidera continuare a scrivere e farsi accompagnare dai suoi personaggi e dalla sua fantasia fino alla vecchiaia, perché solo quando crea si sente viva e il suo cuore palpita di emozione.
    Lady è una semplice identità che seguiterà a crescere con Giulia, mano nella mano, e insieme cambieranno faccia mille volte prima di trovare quella che calza ad entrambe, faccia che magari verrà stampata sul retro di un libro, chissà.
    Nel frattempo ringrazio coloro che dedicano del tempo alle mie storie, con la speranza di appassionare e coinvolgere nella stessa misura in cui mi sono appassionata in prima persona nel vergarle.


    Tonia Cimini
     
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